Il rendimento dei bond USA a 10 anni è salito sopra l’1,50%, mentre sul tratto a 10 anni ha superato il 2%. Stiamo parlando dei livelli più alti dalla fine del giugno scorso. Meno di una decina di giorni fa, il Treasury decennale offriva l’1,30% e il trentennale l’1,85%. La rapida ascesa dei rendimenti americani ha provocato una scossa di terremoto sui mercati finanziari nella seduta di ieri. Le borse sono andate giù, intravedendovi qualcosa di negativo. Esattamente, cosa?

Quando i bond USA aumentano i rendimenti, al pari di qualsiasi altra obbligazione, significa che gli investitori pretendono di più per comprarli, cioè prezzi più bassi.

In generale, sarebbe un buon segnale per lo stato dell’economia. Questo trend svela che ci sarebbero alternative più appetibili al mercato a reddito fisso, ovvero che la propensione al rischio stia salendo. Ciò avviene nelle fasi di espansione dell’economia.

Bond USA e il rischio stagflazione

Considerato che il prezzo dell’oro stia tenendosi nettamente sotto i livelli di apertura di quest’anno, sembrerebbe che la risalita dei rendimenti per i bond USA sia per l’appunto una buona notizia. Invece, da qualche settimana gli obbligazionisti stanno vendendo per il timore che l’inflazione americana – lo stesso vale per le altre principali economie – stia salendo oltre le previsioni e per un periodo tutt’altro che temporaneo, come si affrettano a rassicurare le principali banche centrali, a partire dalla Federal Reserve.

In effetti, stiamo assistendo al boom dei prezzi delle materie prime, a una vera e propria crisi energetica in Europa, nonché alla carenza di manodopera in molti comparti produttivi, complici le restrizioni anti-Covid e i sussidi alluvionali che ne sono seguiti. I conti con la realtà spingono a credere che questo apparato ingente di stimoli monetari non possa più essere mantenuto, salvo mettere in conto la perdita del controllo della stabilità dei prezzi da parte degli istituti centrali.

La prosecuzione della ripresa dell’economia mondiale è tutt’altro che garantita per i prossimi mesi. Tra la necessità di ridurre gli stimoli monetari e, a seguire, quelli fiscali, le strozzature dell’offerta e il boom dell’inflazione, la crescita del PIL dopo la pandemia risulta minacciata. Il cedimento dei bond USA in questi giorni ci invia un segnale tutt’altro che positivo sull’outlook globale.

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