L’inflazione è salita al 5,4% a giugno negli USA, mentre nell’Eurozona si è portata a ridosso del target BCE. Tuttavia, il prezzo dell’oro non sembra scaldarsi. Ieri, continuava ad attestarsi sui 1.820 dollari l’oncia, in calo del 4% da inizio anno, quando sfiorava i 1.900 dollari. Eppure, i rendimenti obbligazionari restano bassissimi, anzi sono tornati a diminuire sui mercati avanzati. Il decennale americano offre ormai meno dell’1,15%. In termini reali, si aggira al -4,20%. Siamo su livelli estremamente inaccettabili per qualunque investitore.

Essendo un asset concorrente ai bond, il prezzo dell’oro dovrebbe beneficiarne. Invece, dai massimi di fine maggio perde sugli 85 dollari l’oncia. Sembra un controsenso. Il mercato teme sia un surriscaldamento eccessivo dei prezzi al consumo, sia una recrudescenza della pandemia. Entrambi i fattori dovrebbero sostenere il metallo. Così, ad oggi non è stato.

Inflazione e prezzo dell’oro

Cerchiamo di capirci qualcosa. Il boom dell’inflazione, specie negli USA, è stato trainato dalla corsa dei prezzi delle materie prime. I metalli industriali guadagnano più del 18% da inizio anno, così come il petrolio circa un terzo del suo valore. Tuttavia, rispetto ai massimi toccati a maggio, i primi cedono quasi il 7%. E il Brent perde oltre il 10% in un paio di settimane. Per non parlare del legname: -37% quest’anno e, soprattutto, -67% dal picco storico di maggio.

Questo trend segnala che l’inflazione potrebbe avere toccato l’apice o quantomeno non continuerebbe ad allontanarsi dai livelli attuali nei prossimi mesi. Anche per questo, ad esempio, i rendimenti nominali dei bond scendono, anziché salire. E il rischio di nuovi “lockdown” a causa delle varianti del Covid pesa negativamente sulle prospettive di crescita dell’economia globale, per cui sulle stesse aspettative d’inflazione. E, però, dovrebbe sostenere proprio il prezzo del petrolio, in quanto “safe asset” per eccellenza. Il punto è che l’oro si acquista in dollari e la valuta americana quest’anno già si è apprezzata mediamente del 3,5% contro le altre principali.

Più forte il dollaro, tendenzialmente minore il vigore del prezzo dell’oro. E la prospettiva di nuove chiusure o, comunque, di una crescita globale meno accentuata di quanto sinora stimato, darebbe forza al biglietto verde nel breve periodo, ragione per cui il mercato snobberebbe il metallo. Tenete presente che, per quanto sceso dai massimi storici di oltre 2.000 dollari l’oncia toccati nell’agosto 2020, il prezzo dell’oro si attesti su livelli di oltre il 15% più alti del periodo pre-Covid.

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