Stamattina, lo spread BTp-Bund a 10 anni si attesta sopra i 240 punti base, con i nostri titoli di stato decennali a offrire un rendimento di poco inferiore al 2%. A febbraio, prima che l’emergenza Coronavirus attecchisse in Italia, il differenziale di rendimento con i titoli tedeschi si aggirava in area 135 bp. L’apice delle tensioni fu toccato nella terza settimana di marzo, quando lo spread arrivò a ridosso dei 330 bp. Da allora, a calmierarlo ci ha pensato la BCE, che dopo avere irrobustito il “quantitative easing” di altri 120 miliardi di euro di acquisti da condurre entro fine anno, ha messo sul piatto ulteriori 750 miliardi con il “Pandemic Emergency Purchase Programme”, in sigla PEPP.

La BCE ha fatto incetta di BTp con il PEPP, ma per l’Italia non è solo una buona notizia

A differenza del QE ordinario, esso non è vincolato al rispetto del “capital key”, la regola che lega gli acquisti dei bond alle dimensioni economiche degli stati. Questo significa che l’istituto si è voluto dotare di uno strumento di difesa dei titoli più a rischio di attacchi speculativi sui mercati finanziari e che andrà utilizzato entro l’anno. Nelle sue tre prime settimane di attuazione, il PEPP ha effettuato acquisti per un totale di 70,8 miliardi di euro. All’Italia risulta essere stata dedicata una quota rilevantissima, cioè del 42%, poco meno di 30 miliardi.

La notizia in sé si presenta bella e brutta allo stesso tempo. Bella, perché significa che a Francoforte qualcuno pensa ad offrire sostegno ai nostri BTp; brutta, perché ciò non sta bastando a tenere lo spread sotto controllo. Ma c’è un altro punto che dobbiamo metterci in testa: l’Italia non può pretendere che quasi la metà del programma di acquisti straordinario venga dedicata ai suoi bond, anche perché ci sono economie nel Sud Europa, che con questa pandemia non se la passeranno tanto meglio.

Parliamo non solo della piccola Grecia o del Portogallo, ma soprattutto della Spagna, per arrivare fino alla Francia.

PEPP sin troppo favorevole all’Italia

Potranno mai accettare tutti questi paesi che la BCE continui a lungo a comprimere le loro quote per espandere di oltre il doppio quella dell’Italia? Gli acquisti di assets italiani dovrebbero in proporzione ammontare al 17% del totale. Andrebbe bene arrotondare al 20%, facciamo pure il 25%, ma di certo non sopra il 40% come sta accadendo da settimane. Questo significa che prima o poi, l’intensità degli acquisti di BTp si dovrà necessariamente ridurre e nel bel mezzo delle emissioni a fiume del Tesoro per coprire l’altissimo disavanzo fiscale, atteso a oltre il 10% del pil. Ci chiediamo: se lo spread è già alto oggi, cosa accadrà un domani con la riduzione degli acquisti?

Le caratteristiche di un BTp perpetuo per superare la crisi fiscale da Coronavirus

In teoria, la BCE avrebbe modo di salvare capre e cavoli, avendo esplicitamente affermato che si tiene pronta a potenziare le misure di lotta alla crisi pandemica. Questo significa che i 750 miliardi del PEPP potranno essere aumentati, anche perché del resto, a questi ritmi, il programma si esaurirebbe entro fine ottobre, al massimo agli inizi di novembre. E difficilmente per allora l’Eurozona sarà tornata alla normalità, per quanto si speri che si sarà lasciata alla spalle la fase più acuta della crisi sanitaria. Ma se il potenziamento del PEPP non sarà così automatico come pensiamo, non di certo se il suo principale obiettivo fosse di mettere ancora una volta in sicurezza l’Italia.

Molto dipenderà da quanto accadrà al Consiglio europeo di questo giovedì, quando i capi di stato e di governo dell’area discuteranno delle misure necessarie per affrontare l’emergenza. Sul piatto vi sono gli aiuti del MES legati alla pandemia, quelli ordinari erogati a condizioni apparentemente leggere, nonché il “Recovery Fund” da 500 miliardi per finanziare la ripresa delle economie e che appare obiettivamente poco ambizioso già nelle dimensioni.

Se l’Italia non dovesse accettare l’ipotesi di ricorrere al MES, continuando a puntare i piedi sugli Eurobond, la reazione di Germania e Olanda, in particolare, sarebbe molto contrariata. E insieme, farebbero muro a Francoforte per impedire che il governatore Christine Lagarde vari un rafforzamento degli acquisti.

I paletti giuridici tedeschi

La materia è ancora più perniciosa, se si pensa che la Corte Costituzionale tedesca si esprimerà il 5 maggio per decidere la conformità di questi programmi alla legge fondamentale della Germania. Una bocciatura appare improbabile per via della ragion di stato, ma probabile che i giudici di Karlsruhe ribadiscano e rafforzino i paletti che la BCE dovrebbe rispettare per consentire la partecipazione della Bundesbank. Un aumento valutato come “spropositato” degli acquisti, unitamente alla significativa devianza dalla “capital key” a favore di uno o più paesi e necessariamente a sfavore di altri (la Germania), verrebbero percepiti sul piano giuridico come una forma mascherata di monetizzazione dei debiti di paesi come l’Italia e con rischi e oneri potenziali a carico dei contribuenti tedeschi.

Tutto questo per dirvi che lo spread da venerdì prossimo sarebbe anche destinato a impennarsi, qualora al Consiglio europeo non si trovasse un accordo per mettere realmente in sicurezza il debito italiano. La BCE potrà fare ancora tanto, ma non per molto e certamente non senza irritare anche gli altri stati del sud, Spagna in testa. A proposito, nonostante i Bonos siano acquistati in misura inferiore alla quota teoricamente loro spettante, offrono sulla scadenza a 10 anni un rendimento di 110 bp o 1,10% in meno dei BTp, mentre i titoli della Grecia si mostrano di poco più generosi dei nostri, con un +10 bp. E dire che ci stia pensando la BCE a placare le tensioni contro l’Italia.

Perché il 5 maggio rischia di saltare l’euro e per mano della Germania

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