L’Italia si presenta al Consiglio europeo del 23 aprile con poche idee e confuse. Gli Eurobond – inutile raccontarsi storie – non saranno sul tavolo delle trattative, mentre i governi dell’area dovranno trovare un accordo verosimilmente sulle condizioni dei prestiti ordinari erogati dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e mettere a punto i dettagli su quelli legati all’emergenza Coronavirus e senza condizioni, almeno stando ai resoconti dell’ultimo Eurogruppo. Infine, ci sarà da far decollare il “Recovery Fund” da almeno 500 miliardi, che potrebbe anche passare per l’emissioni di bond, non si sa ancora da parte di quale organismo e con quali criteri e garanzie.

Tutto bene, ma all’Italia potrebbe non bastare.

Il Tesoro di Roma dovrà raccogliere capitali per almeno 150 miliardi di euro al netto delle scadenze quest’anno, se non di più. La grave crisi fiscale che si sta materializzando ci vede costretti, volenti o nolenti, a ipotizzare nuove soluzioni sinora mai nemmeno immaginate. Scartando stramberie deleterie come tasse sui ricchi, patrimoniale o prelievo forzoso, occorre mobilitare su base volontaria l’elevato risparmio privato degli italiani, sapendo che ad oggi sui conti correnti e deposito delle banche vi sono 1.500 miliardi di euro parcheggiati infruttiferi, ricchezza inutilizzata perlopiù e in attesa di essere impiegata in un qualche modo.

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E se il Tesoro chiamasse a raccolta tutti i risparmiatori con il lancio di un BTp perpetuo o irredimibile che dir si voglia? Non parliamo di un’emissione qualunque già nella quantità. Perché il piano abbia un senso concreto, cioè porti sollievo ai nostri conti pubblici, dovrebbe ammontare ad almeno 100 miliardi. Si potrebbero ipotizzare emissioni costanti nell’arco dei mesi, così da rendere questo strumento quanto più efficace possibile.

Cos’è un BTp perpetuo

Un BTp perpetuo sarebbe un titolo di stato senza scadenza o, comunque, con scadenza molto lontana nel tempo, ad esempio, di 100 anni.

Perché un risparmiatore dovrebbe acquistarlo? Per percepire una cedola annua interessante e godere di privilegi ignoti agli altri strumenti finanziari, compresi gli altri BTp. Si dovrebbe assicurare al titolare totale esenzione fiscale o, in un’ipotesi meno estrema, una esenzione fiscale parziale. Affinché la garanzia fosse percepita come assoluta e indubbia, si potrebbe persino approvare una legge costituzionale con la quale inserirla nella nostra Carta per renderla immodificabile dal Parlamento. Inoltre, almeno fino a un dato valore nominale, questi titoli dovrebbero essere esclusi anche ai fini ISEE, in modo da trasformare l’investimento in una sorta di fortino.

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Quando parliamo di esenzione fiscale, ci riferiamo non solo alla cedola, quanto anche all’eventuale plusvalenza maturata rivendendo il titolo sul mercato secondario. Se lo acquisto a 90 e lo rivendo a 97, quel 7 di margine non mi dovrà essere sottoposto a tassazione. Inoltre, il BTp perpetuo dovrà essere non tassabile ai fini delle imposte di successione e di donazione, nonché impignorabile e insequestrabile. E per incentivarne l’investimento, lo stato potrebbe convogliarvi i capitali in nero degli italiani che auto-denuncino le loro irregolarità fiscali con una nuova “voluntary disclosure”. Questi, a differenza di quanto sinora avvenuto con le varie sanatorie, non pagherebbero nemmeno un euro di sanzione e né verrebbero sottoposti a indagini penali, ma in cambio dovrebbero investire almeno una percentuale considerevole (la metà?) del reddito emerso in questi BTp, un modo diverso di contribuire al benessere pubblico.

Le caratteristiche peculiari per attirare capitali

Certo, c’è il rischio che un BTp perpetuo spiazzi gli altri titoli di stato, nel caso gli venisse riconosciuto un beneficio sul piano fiscale e normativo.

Ma il principale problema resterebbe il costo: a quale tasso d’interesse i risparmiatori italiani lo comprerebbero? Considerando che il BTp più a lunga scadenza sinora emesso sia quello che verrà rimborsato nel marzo 2067, con cedola 2,80% e che oggi offre un rendimento del 2,66%, difficile immaginare che si possa offrire un interesse basso. Ma se fosse troppo alto, il conto per i contribuenti diverrebbe salato. Una soluzione potrebbe essere quella di prevedere una cedola minimamente allettante, magari nell’ordine del 2,50% netto e che nel tempo verrebbe aumentata a seconda dell’aumento del pil.

Ad esempio, lo stato potrebbe garantire un tasso extra nel caso in cui l’economia italiana in un dato anno crescesse del 2% o più. E se superasse il 3%, la cedola lieviterebbe ancora di più. Insomma, un meccanismo premiante, anche se la tipica bassa crescita dell’Italia degli ultimi decenni rischia di rendere questo schema poco credibile agli occhi dei risparmiatori. Inoltre, lo stato potrebbe impegnarsi ad esercitare la “call”, rimborsando il bond alla pari (100%) nel caso in cui si concretizzassero alcune condizioni basilari, come un rapporto debito/pil sotto una certa percentuale o il raggiungimento di un dato valore da parte del pil nominale (4-5.000 miliardi di euro, etc.)

Emissioni corpose di BTp perpetui innalzerebbero la durata media residua del debito, rendendolo percepito più sostenibile. Inoltre, sarebbe denaro raccolto per entrare nell’economia italiana in una fase così difficile e sottratto alle emissioni future, non essendo rimborsato, se non probabilmente tra molti decenni. Ci aiuterebbero a superare la crisi fiscale senza soluzioni drammatiche, ma richiedono al contempo grande capacità della politica di attirare fiducia sul mercato, mostrandosi del tutto unita sul se e sul come questi titoli andrebbero congegnati. Solo condizioni percepite definitivamente vantaggiose attirerebbero i capitali necessari tra gli italiani che volessero ricavare una rendita certa sulla loro liquidità e potendo confidare sulla capacità di questi titoli di venir monetizzati sul mercato in qualsiasi momento. Infine, si potrebbe trovare un accordo con le banche per renderli strumenti di garanzia ai fini della richiesta di finanziamenti e mutui per una percentuale elevatissima del loro valore nominale, come il 90-95%.

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