In economia, si è soliti spiegare che la forza di un tasso di cambio proceda di pari passo con il livello dei rendimenti delle obbligazioni. In teoria, quando i tassi di mercato si abbassano, il cambio s’indebolisce. E viceversa. In Svizzera, sta accadendo palesemente il contrario e non è certo la prima volta. Rispetto a metà aprile, i rendimenti dei bond elvetici a 10 anni sono scesi dal -0,24% al -0,62%. La scadenza a 30 anni è passata dal già striminzito 0,32% al -0,03%, mentre quella a 50 anni si è sostanzialmente azzerata, scendendo nel frattempo dallo 0,38% allo 0,06%.

Sul tratto breve della curva, abbiamo che i biennali offrano attualmente il -0,96% contro il -0,73% di poco più di 3 mesi fa.

Perché la scommessa sui bond in franchi svizzeri può risultare vincente col taglio dei tassi

Nello stesso arco di tempo, però, il franco svizzero ha messo a segno un rialzo del 3,3% contro il dollaro, scendendo sotto la parità, e del 4% contro l’euro, rafforzandosi ai massimi da oltre 2 anni. Non sembra una contraddizione? Eppure, non lo è. Anzi, proprio il rafforzamento del cambio e il calo dei rendimenti sono conseguenze dello stesso evento, cioè dell’afflusso di capitali dal resto dell’Eurozona e del mondo verso la Svizzera.

Tra tensioni internazionali, politiche in Europa e, soprattutto, aspettative ultra-accomodanti riguardo alle politiche monetarie di Federal Reserve e BCE, in particolare, i capitali sono tornati a guardare a Berna. Alcuni dati appaiono fuorvianti. Si consideri che le riserve valutarie della Banca Nazionale Svizzera in aprile valevano 772 miliardi di franchi, ma a fine giugno risultavano scese a 759 miliardi, segnando -1,7%. Tuttavia, proprio il rafforzamento del cambio contro le due principali valute, che nel complesso compongono il 75% delle riserve, ne ha ridotto il valore. Al netto di tale effetto, quindi, risulterebbero in aumento. Lo confermano anche i depositi a vista della banca centrale elvetica, cresciuti nello stesso periodo di 2,5 miliardi a poco meno di 580 miliardi di franchi.

Tassi iper-negativi e cambio forte

I depositi a vista fornirebbero la misura dell’intervento dell’istituto sul mercato valutario per frenare il rafforzamento del cambio, attraverso acquisti di euro, dollari, etc. Dunque, il governatore Thomas Jordan starebbe continuando a mitigare l’apprezzamento del “super” franco e ciononostante il cambio continua a rafforzarsi per via dell’afflusso dei capitali, attirati dal porto sicuro svizzero. Questi vengono impiegati nei titoli del debito pubblico, i cui prezzi salgono e i rendimenti scendono. Ma quale senso avrebbe investire oggi in bond che rendono fino al -1% e che infliggono perdite certe alla scadenza?

Due appaiono le ragioni di tali investimenti apparentemente scriteriati. Anzitutto, in un ambiente di tassi a zero, si continua a confidare in un ulteriore aumento dei prezzi dei bond, come da classico esempio di bolla finanziaria. Secondariamente, il franco svizzero è atteso in rafforzamento nei prossimi anni, del 12,8% contro il dollaro e del 2,3% contro l’euro da qui a 5 anni, stando al mercato dei contratti “forward”. Questo significa che investendo sui titoli di stato svizzeri, le perdite effettive alla scadenza saranno verosimilmente molto più basse, se non nulle, in quanto il maggiore capitale rimborsato (una volta convertito in valuta estera) compenserà almeno in parte i rendimenti negativi accusati. E perlomeno i capitali si saranno messi al riparo dai rischi, investiti in assets considerati sicurissimi.

La BNS non riesce così a centrare i suoi obiettivi di politica monetaria con la fissazione dei tassi negativi sui depositi overnight e per il Libor a 3 mesi, in quanto non solo non assiste ad alcun deflusso di capitali e conseguente deprezzamento del franco, bensì al fenomeno opposto. Questo frustra le aspettative del governatore, consapevole di non potere alzare i tassi fino a un attimo prima che lo farà la BCE.

Ed essendosi allontanata formalmente questa prospettiva, la Svizzera resta inchiodata ai tassi più negativi al mondo, con una curva delle scadenze quasi interamente negativa e senza che ciò scalfisca il cambio, che ha cancellato l’indebolimento seguito alle schiarite politiche nell’Eurozona di 2 anni fa con la vittoria in Francia di Emmanuel Macron.

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