Terna ha chiuso con successo, nei giorni scorsi, l’emissione di un bond da 500 milioni di euro, rientrante nel programma EMTN da 8 miliardi. Il titolo, che ha scadenza 25 settembre 2030, aveva ricevuto rating BBB+ da S&P e Fitch, Baa2 da Moody’s e A- da Scope. E’ stato collocato sul mercato a un prezzo di 99,502 centesimi e reca cedola annuale dello 0,375%. Pertanto, il rendimento alla scadenza è stato dello 0,426% all’atto dell’emissione, vale a dire di circa 65 punti base sopra il tasso midswap e di mezzo punto percentuale inferiore al BTp di pari durata.

Dell’operazione si sono occupate BNP Paribas, BofA, Goldman Sachs, IMI-Intesa Sanpaolo, Morgan Stanley, Smbc Nikko, Société Générale e Unicredit come joint lead bookrunners e joint bookrunners.

Il titolo, che sarà negoziato alla Borsa di Lussemburgo, ha ottenuto un ottimo successo, con ordini per 3 miliardi, 6 volte l’importo offerto. Eppure, a guardare il rendimento non parrebbe alcunché di straordinario. Come detto, offre circa mezzo punto in meno di un BTp a 10 anni, che nelle ultime sedute oscilla in area 1%.

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Il fatto è che Terna risulta una società finanziariamente solida. Essa gestisce quasi 75 mila chilometri di rete elettrica nazionale e nel 2019 ha fatturato quasi 2,30 miliardi, maturando un utile di 757,3 milioni, pur a fronte di un indebitamento finanziario netto di 8,8 miliardi per le attività continuative.

Confronto con BTp

Con l’emissione di questi giorni, la società punta a gestire al meglio le sue finanze, abbattendo il costo medio del suo debito, che si attesta all’1,40%, quasi 100 punti base in più rispetto al rendimento del bond decennale. A luglio, la stessa aveva emesso un green bond a 12 anni al costo dello 0,78%. Dunque, a fronte di appena due anni in meno, l’ultima scadenza collocata sul mercato ha spuntato un rendimento decisamente più basso, pur non essendo un’obbligazione verde.

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Avrebbe senso investire in un corporate bond che rende meno di un titolo di stato italiano della stessa durata? La risposta è affermativa. Il rendimento non può essere l’unico driver per gli investimenti. Bisogna guardare al grado di rischio, così come alle prospettive future. Se si volesse rivenderlo prima della scadenza, il bond Terna potrebbe finanche essere rivenduto a prezzi superiori, essendo stato emesso sotto la pari e tenendo conto che nel resto dell’Eurozona non sono più rari i rendimenti negativi sul tratto anche lungo della curva per le società private.

Si tratterebbe, in sostanza, di diversificare il portafoglio, puntando su un titolo legato ai consumi elettrici, che a loro volta dipendono dall’andamento dell’economia. Una ripresa di quest’ultima porterebbe buone nuove alla massa delle obbligazioni di Terna, essendo l’emittente più direttamente collegato alla congiuntura, mentre potrebbe remare contro i BTp il surriscaldamento delle aspettative d’inflazione, i quali si deprezzerebbero per consentire ai rendimenti di risalire e adeguarsi al nuovo outlook del mercato.

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