Il 29 giugno scorso, Intesa Sanpaolo ha emesso obbligazioni subordinate del tipo Tier 2 con scadenza 29 giugno 2027 e cedola fissa 3,75% (ISIN: IT0005412264) per 309,25 milioni di euro. Un lettore ci ha segnalato la difficoltà di investirvi, a causa del rifiuto della sua banca a consentirgli l’acquisto. Lamenta di essere un investitore consapevole dei rischi, pluri-laureato e con enorme esperienza alle spalle sui mercati finanziari. Il funzionario della banca ritiene, però, che non possa autorizzare l’investimento, poiché il titolo risulterebbe l’unico in portafoglio.

Sarete in tanti ad avere affrontato un simile impedimento e non solo per le obbligazioni Intesa Sanpaolo. Cerchiamo di capire perché.

Le obbligazioni subordinate sono tipicamente più rischiose di quelle senior o ordinarie, perché le banche le emettono per rafforzare il capitale e godere di maggiore flessibilità nei casi di deterioramento delle condizioni patrimoniali.

Vengono rimborsate dopo le obbligazioni senior e con l’entrata in vigore del “bail-in” in Italia dal 2016, esse possono essere coinvolte nelle perdite subito dopo le azioni e prima delle obbligazioni senior.

Negli ultimi anni, questi strumenti si sono rivelati piuttosto rischiosi per gli obbligazionisti retail, molti dei quali li avevano acquistati ignari delle condizioni effettive. Il caso MPS ha scatenato polemiche furibonde e la stessa legislazione europea nel 2018 ha assegnato agli stati membri la facoltà di imporre restrizioni alla vendita per le nuove emissioni.

Per i clienti Intesa Sanpaolo obbligazioni subordinate con rendimenti a premio

Cosa dicono le norme sui bond subordinati

Le obbligazioni subordinate di Intesa Sanpaolo sono state emesse nel giugno scorso in conformità alla disciplina Mifid II e sono state rivolte esclusivamente ai propri clienti (non istituzionali, quindi), sia in fase di collocamento sul mercato e sia di successiva negoziazione. I distributori hanno il dovere di tenere conto della normativa di riferimento, al contempo godendo di autonoma valutazione riguardo i canali di distribuzione, l’adeguatezza e appropriatezza.

Per rispondere alle perplessità del lettore, la banca ha il diritto di negargli l’accesso all’investimento, qualora lo ritenga inappropriato per le sue condizioni di investitore privato. Evidentemente, in assenza di altri assets in portafoglio, essa valuta l’investimento ad alto rischio e per ripararsi da possibili contestazioni future non consente di impiegare la liquidità in questo titolo. A nostro avviso, dovrebbe verificare se altri istituti consentano l’investimento sulla base del suo profilo di rischio.

Tornando al bond, in qualità di Tier 2 comporta il rischio di sospensione dei pagamenti delle cedole, oppure di loro blocco per i casi di insolvenza. Oggi, la quotazione supera 103 e, pertanto, il rendimento alla scadenza si attesta al 3,17%. Tanto per una scadenza residua di 6 anni e meno di 9 mesi. Un BTp di pari durata offrirebbe appena lo 0,40%, otto volte meno. Chiaramente, un rendimento così appetibile rispecchia proprio l’alto rischio teorico del bond, nonché è frutto della volontà dell’emittente di premiare la propria clientela. In ogni caso, non è per tutte le tasche. Il taglio minimo è stato fissato in 250 mila euro, proprio perché l’emissione è stata rivolta a un segmento specifico del canale retail.

Pioggia di obbligazioni subordinate a rendimenti appetibili e precluse ai risparmiatori

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