“Gentile Dott ho letto il suo articolo su Investire Oggi riguardante la crisi finanziaria del Venezuela ed anch’io purtroppo in passato ho fatto degli investimenti in obbligazioni venezuelane. Il prossimo 13 ottobre va in scadenza un titolo venezuelano su cui ho un capitale investito di circa 800 mila dollari. Mi potrebbe dire secondo lei cosa potrebbe accadere, quale scenario ipotizza, al di là dei ratei non percepiti su cui sarei disponibile anche a metterci una pietra sopra”.

Sempre più numerosi i lettori che chiedono lumi su quanto stia accadendo nel Venezuela.

Quando sono trascorsi 7 mesi e mezzo dalla sospensione delle negoziazioni delle obbligazioni di stato e della compagnia petrolifera pubblica PDVSA, di progressi sul piano geopolitico e finanziario nemmeno l’ombra. Anzi, nel rispondere alla domanda di cui sopra, purtroppo non possiamo esimerci dal notare come i segnali stiano, se vogliamo, peggiorando. Avete presente le obbligazioni PDVSA con scadenza ottobre 2020 e cedola 8,5% (ISIN: USP7807HAV70)? Nel mese di ottobre scade la cedola semestrale, che come nel maggio scorso equivarrà a un esborso per la compagnia di 71 milioni di dollari. A differenza della scorsa primavera, però, il pagamento per la prima volta potrebbe non avvenire.

Le obbligazioni PDVSA 2020 sono ad oggi le uniche ad essere scampate al default venezuelano, formalmente scattato alla fine del 2017, quando Caracas ha iniziato a non onorare le scadenze, accumulando ad oggi oltre 10 miliardi di dollari di arretrati tra cedole e capitale. Perché solo questo bond risulta ad oggi sempre onorato? Esso è garantito dal 50,1% delle azioni Citgo, la raffineria con sede nel Texas e controllata da PDVSA. Il regime di Nicolas Maduro e il governo parallelo dell’auto-eletto presidente Juan Guaido hanno voluto evitare che scattasse il default anche su questi titoli e che i creditori abbiano così la possibilità di espropriare gli assets negli USA, una vera gallina dalle uova d’ora per un paese a corto di dollari.

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La richiesta di Guaido all’ONU

A maggio, la stranezza di un esborso realizzato non dal regime “ufficiale”, bensì da quello riconosciuto dagli USA e parte della comunità internazionale. A ottobre, però, le cose rischiano di cambiare, perché proprio le opposizioni che fanno capo a Guaido hanno presentato una richiesta all’ONU, con la quale invitano il Palazzo di Vetro ad approvare una mozione simile a quella del 2003, allora eseguita in favore degli assets iracheni all’estero, grazie alla quale i creditori non ebbero la possibilità di escutere le garanzie per l’inottemperanza di Baghdad. In altri termini, vorrebbero che il l’ONU tutelasse Citgo dai creditori per il caso di default.

Difficile che la mozione venga approvata, almeno non la prossima settimana, anche perché nel Consiglio di Sicurezza sono presenti Russia e Cina, che oltre ad essere alleati di Maduro, figurano proprio tra i creditori di Citgo e di Caracas. Tuttavia, la proposta allo studio sarebbe la spia che nemmeno il governo anti-chavista sarebbe ormai in grado di fronteggiare il pagamento del prossimo mese, per quanto risibile appaia in valore assoluto. Al termine del primo semestre, le stesse riserve di oro sono crollate di 1 miliardo di dollari a quota 4,6 miliardi, incidendo per oltre la metà degli 8,54 miliardi di riserve valutarie al 31 luglio scorso. Pur avendo sacrificato le importazioni, di dollari in cassa per esborsi finanziari ve ne sono pochissimi e le urgenze oggi sono altre.

Rispondendo al lettore, quindi, con tutta onestà non sembra che si stiano creando le condizioni minime per ipotizzare un ripristino dei pagamenti. Oltre tutto, il capitale da rimborsare in ottobre è di 2,5 miliardi di dollari, una mostruosità per quanto sopra accennato. Con ogni probabilità, così come non sono state corrisposte le relative cedole, si giungerà a un maxi-default anche per il capitale.

Per gli obbligazionisti, poco cambia, a meno che non avessero creduto in un rimborso improbabile. La speranza resta affidata al processo di ristrutturazione, che si annuncia lungo, tormentato e nemmeno di immediata attivazione, dato che il regime “chavista” resta in vita e solamente un golpe militare per il momento ne segnerebbe la fine.

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