Quella scorsa è stata la settimana più intensa dal 1972 per il mercato dei corporate bond “investment grade” americano, con emissioni che hanno sfiorato i 75 miliardi di dollari. La corsa al debito è scatenata dal crollo dei rendimenti. Mediamente, le obbligazioni societarie con rating “AAA” offrono meno del 2,40%, quelle con rating “BBB” il 3,24% e le “high yield” il 5,54%. Il costo del denaro sta, quindi, collassando anche negli USA, dove pure resta ben più elevato di quello europeo e giapponese. E grossi emittenti come Apple, Disney e Deer hanno potuto così raccogliere capitali a lunghissima scadenza e a rendimenti minimi record, vale a dire tutte indebitandosi a rendimenti inferiori al 3% per emissioni a 30 anni.

Apple ha complessivamente raccolto 7 miliardi di dollari attraverso scadenze tra 3 e 30 anni, registrando ordini per oltre 3 volte superiori. Nel dettaglio, il decennale 2029 e cedola 2,20% (ISIN: US037833DP29) ha esitato un prezzo di aggiudicazione pari a 99,608%, pari a un rendimento lordo alla scadenza del 2,244%, coerente con la struttura della sua curva sul mercato secondario, dove le obbligazioni della società costruttrice degli iPhone offrono intorno all’1,85% per la scadenza quadriennale e tra il 2,15% e il 2020% per quella a 7 anni. Il trentennale, come dicevamo, è stato emesso a meno del 3%. Nel dettaglio, il bond con scadenza settembre 2029 e cedola 2,95% (ISIN: US037833DQ02) è stato aggiudicato a un prezzo di 99,27, esitando un rendimento lordo alla scadenza di circa il 2,99%.

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Rendimenti Apple interessanti?

Questi livelli di rendimento appaiono interessanti agli occhi di un investitore europeo, ormai abituato a rendimenti nulli o negativi, se è vero che i costi medi di indebitamento per le obbligazioni corporate in euro “investment grade” si aggirano sotto lo 0,25%. Certo, bisogna fare i conti con il cambio euro-dollaro. In effetti, i rendimenti americani sono più alti, in quanto scontano il rischio di deprezzamento del dollaro contro l’euro nei prossimi anni.

Monitorando lo spread a 10 anni tra Treasury e Bund, ad esempio, notiamo che il mercato si aspetterebbe un rafforzamento del cross di oltre il 22% entro i prossimi 10 anni. A conti fatti, sarebbe come affermare che il capitale alla scadenza investito nelle obbligazioni Apple venga eroso esattamente della stessa entità delle cedole nel frattempo incassate.

In altre parole, le obbligazioni Apple non offrirebbero un reale premio rispetto a quelle in euro. E non potrebbe che essere così, trattandosi di titoli molto sicuri, in quanto godono del rating “AA+” per Standard & Poor’s e “Aa1” per Moody’s. E se è vero che ancora i due terzi dei ricavi societari dipendono dalle vendite di iPhone, per cui il colosso guidato da Tim Cook rischia le conseguenze patite da tutte le multinazionali mono-prodotto, si consideri che a bilancio dispone di oltre 100 miliardi di dollari al netto delle passività. Una liquidità immensa, che non sta impedendo ad Apple di tornare sui mercati obbligazionari proprio per approfittare dei bassi costi di emissione e non intaccare il cash a disposizione.

Per non parlare del fatto che le obbligazioni Apple potranno regalare soddisfazioni, aldilà della cedola e del rendimento atteso alla scadenza, semplicemente apprezzandosi sul mercato secondario, uno scenario più che probabile nel caso di ulteriore allentamento monetario da parte della Federal Reserve, i cui tassi d’interesse sono ancora di ben 225 punti base superiori a quelli fissati dalla BCE. Se nelle prossime settimane l’istituto dovesse sorprendere positivamente con segnali più espansivi delle previsioni, il rally obbligazionario a stelle e strisce proseguirebbe e farebbe la fortuna probabilmente perlopiù del debito emesso dalle società finanziariamente più solide e con un’elevata diversificazione geografica nelle vendite come Apple, in quanto risentirebbe di meno del deterioramento delle condizioni economiche domestiche.

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