Il 2021 non è stato sinora un buon anno per le obbligazioni. Gennaio si è aperto con i timori sulla reflazione in corso e il mercato ha così preteso un drastico rialzo dei rendimenti. A ciò inevitabilmente fa da contraltare un ribasso dei prezzi. Brutte notizie per i possessori, che nel caso di disinvestimento anticipato rischiano di accusare perdite sull’investimento.

Ma la buona notizia è che questo trend può non essere ineluttabile. Perché non tutte le obbligazioni sono uguali e alcune di esse potrebbero (condizionale d’obbligo) offrire al mercato un’alternativa ai ribassi di questi mesi.

Iniziamo con le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Chi ci segue su Investireoggi, sa che per il mercato sovrano domestico parliamo di BTp Italia e BTp€i. Si tratta di titoli con capitale e cedole agganciati al tasso d’inflazione (italiano e dell’Eurozona, rispettivamente) rilevato nel semestre. In questo modo, più sale l’inflazione e più il bond diventa remunerativo. Se questa lievitasse nei prossimi mesi o anni più velocemente di quanto scontato dai prezzi, il bond finirebbe per offrire un rendimento superiore a quello attualmente esitato dai titoli con cedola fissa e di pari durata.

Le obbligazioni possono essere indicizzate anche ai tassi d’interesse. Prendete il CcTeu, agganciato all’Euribor a 6 mesi. In un certo senso, la logica è molto simile a quella seguita dalle obbligazioni indicizzate all’inflazione. In genere, infatti, i tassi seguono l’andamento dell’inflazione.

Obbligazioni 2021, le altre alternative

E passiamo alle obbligazioni convertibili. Il 2021 è il loro anno, con boom di emissioni negli USA fino a maggio. Esse assegnano al possessore la facoltà di convertire i titoli in azioni alla scadenza o a partire da una certa data. In una fase di ribassi dei prezzi obbligazionari, il mercato generalmente si sposta sul comparto obbligazionario, essendo più propenso al rischio. E il rialzo del valore delle azioni consente all’obbligazionista di convertire i titoli a prezzi convenienti: esso entra in possesso delle azioni a prezzi più bassi di quelli nel frattempo lievitati sul mercato.

In questo modo, matura plusvalenze tanto cospicue, quanto maggiore è stato l’apprezzamento delle azioni sopra il tasso di conversione.

Infine, le obbligazioni “fallen angels” o “angeli caduti”. Sono quelle declassate a “non investment grade” dalle agenzie di rating. Pur essendo divenute teoricamente molto rischiose, nelle fasi di espansione economica il mercato scommette che riescano a risalire nell’area “investment grade”. Secondo l’iShares Fallen Angels High Yield Corporate Bond UCITS ETF di Barclays, quest’anno guadagnano in media il 3,4%, mentre negli ultimi 12 mesi sono cresciuti del 9,7%. E hanno chiuso il 2020 a 7,9% e il 2019 a +17,4%.

In definitiva, se sembra plausibile che il classico portafoglio d’investimento 60/40 sia diventato obsoleto, data la crescente correlazione tra azioni e obbligazioni, d’altra parte sarebbe il caso di destinare parte della quota a reddito fisso a un mix di indicizzate, convertibili e “angeli caduti”. Un modo per vivacizzare la performance complessiva senza assumersi rischi eccessivi.

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