Monte Paschi di Siena torna al centro delle cronache finanziarie in questi giorni con l’uscita di scena di Jean-Pierre Mustier da Unicredit. L’Ad ha annunciato che non cercherà un nuovo mandato in aprile e tutti gli analisti concordano sul fatto che il suo addio sia legato principalmente alla sua opposizione alla fusione con MPS. Mentre il titolo di Piazza Gae Aulenti ha risentito duramente dell’annuncio, perdendo 2,5 miliardi di capitalizzazione in un paio di sedute e il 13,6% in due settimane, le azioni senesi hanno registrato un rialzo dell’8% dalla fine di ottobre.

Ma ancora meglio stanno facendo le obbligazioni subordinate.

Sia le azioni che i bond MPS di recente hanno tutti toccato il punto più basso in data 28 ottobre, rimbalzando piuttosto vistosamente da quella data. Prima hanno contribuito i rumors sulle nozze con Unicredit, poi l’ottimismo sui mercati per le notizie sui vaccini e l’apparente sblocco dell’impasse post-elettorale negli USA. Infine, proprio l’annuncio di Mustier va nella direzione di surriscaldare le aspettative sulla fusione con Unicredit.

Il destino di azionisti e dipendenti MPS nelle mani della politica

Il boom dei bond subordinati MPS

Come dicevamo, anche le obbligazioni subordinate salgono in scia alle buone notizie. Il titolo subordinato Tier 2 con scadenza gennaio 2028 e cedola fissa 5,375% (ISIN: XS1752894292) ha guadagnato in appena sei settimane il 19%, salendo a una quotazione di 88,40 centesimi al tardo pomeriggio di ieri. Meglio ha fatto la scadenza settembre 2030 e cedola 8,50% (ISIN: XS2228919739), che nello stesso frangente ha messo a segno un rialzo di quasi il 27%. Il top con il Tier 2 luglio 2029 e cedola 10,50% (ISIN: XS2031926731): +30%! E ieri offriva ancora un rendimento lordo del 6%, altissimo per un investimento di durata residua di circa 8 anni e mezzo, pur subordinato.

Chiaramente, il rovescio della medaglia consiste nelle infime valutazioni delle agenzie di rating: CCC+ per Fitch, Caa1 per Moody’s.

Per essere più chiari, gli istituti giudicano il debito subordinato di MPS iper-spazzatura, a qualche passo dal default. Non viene difficile immaginare perché. La banca è stata salvata dallo stato nel 2017 e il Tesoro detiene il 64,2% del capitale dopo l’operazione di cessione dei crediti deteriorati ad AMCO. Malgrado ciò, ci sarebbe bisogno di una ulteriore ricapitalizzazione per 2,5 miliardi, al fine di sostenere i ratios patrimoniali, scesi pericolosamente sotto i minimi regolamentari fissati dalla Vigilanza BCE.

L’emissione del bond subordinato di MPS è stata davvero un successo?

E sapete cosa succede quando il patrimonio della banca scende sotto i livelli di allarme? Le obbligazioni subordinate non staccano la cedola o possono anche essere convertite in capitale. In alternativa, qualora la banca si trovasse nuovamente nelle condizioni di dover applicare un secondo “bail-in”, esse parteciperebbero alle perdite subito dopo le azioni. Il boom di queste settimane si sta registrando per il semplice fatto che le nozze con Unicredit allontanerebbero lo scenario più cupo, cioè quello della liquidazione di MPS o di perdite a carico di azionisti e obbligazionisti. Tuttavia, si fa presto a brindare a una cerimonia che non è affatto ancora nell’aria. E a differenza del 2017, quando il grosso delle subordinate di Siena era in mano ai piccoli investitori, stavolta sono in pancia agli istituzionali. In caso di bisogno, ci sarebbero molte minori remore da parte del Tesoro a caricare le perdite su questi investitori, consapevoli professionalmente del rischio che corrono.

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