Giovedì scorso, la Russia si è rivolta ai mercati internazionali con l’emissione di due Eurobond per un controvalore complessivo di 2 miliardi di euro. In dettaglio, Mosca ha raccolto 750 milioni con una scadenza a 7 anni e altri 1,25 miliardi con una a 12 anni. La prima ha offerto una cedola dell’1,125% e la seconda dell’1,875%. In entrambi i casi, il rendimento è risultato inferiore alle previsioni dello stesso governo russo, che ipotizzava rispettivamente l’1,25% e il 2%. La domanda è stata complessivamente di 2,8 miliardi, di cui 1,6 miliardi rivolti al titolo in scadenza nel 2031.

Nulla di clamoroso, ma date le condizioni non è un dato da buttare.

Alle banche americane, infatti, è stato fatto divieto dal governo USA sin dal 2019 di partecipare alle aste del debito pubblico russo, sebbene esse possano acquistare e vendere titoli sul mercato secondario. E a differenza delle sanzioni con efficacia ultra-territoriale, queste non si applicano alle banche non americane.

Bond Russia, cosa fare con il rublo che vola contro il dollaro?

A inizio ottobre, il 57,5% degli Eurobond emessi dalla Russia risultava posseduto da investitori stranieri. Nella giornata di mercoledì, il Tesoro aveva emesso titoli in rubli per il controvalore di 3,4 miliardi di dollari, con l’intento di finanziare il programma di emissioni da circa 22 miliardi (2.000 miliardi di rubli) del quarto trimestre. La Russia ha un rapporto tra debito e PIL relativamente molto basso, pari al 19%. Sta risentendo anch’essa negativamente della pandemia e sta per questo aumentando le emissioni.

Gli Eurobond di questa settimana sono stati i primi dell’anno e sono arrivati dopo i 5,5 miliardi di dollari e i 750 milioni di euro raccolti nel corso del 2019.

Il rischio effettivo investendo in Russia

In realtà, Mosca non aveva effettive esigenze per emettere questo debito, ma ha voluto ricordare agli investitori stranieri di esserci e per questo ha deciso di rivolgersi proprio ai mercati internazionali.

Uno dei problemi degli Eurobond russi è la liquidità degli scambi, piuttosto bassa, anche perché gli importi sono essi stessi abbastanza contenuti. Va da sé che acquistare questi titoli non comporti alcun rischio di cambio per un investitore dell’Eurozona. Confrontando i rendimenti con quelli “benchmark” tedeschi, otteniamo un premio di 180 punti base per la scadenza a 7 anni e di circa 230 per quella a 12 anni.

Certo, i rating russi non sono granché alti: BBB- per S&P, BBB per Fitch e Baa3 per Moody’s. Sostanzialmente, siamo agli stessi livelli di rischio dell’Italia.

Da sottolineare una certa dipendenza dell’economia russa dal petrolio, che la espone alla volatilità dei prezzi di quest’ultimo sui mercati. Ma la flessibilità del cambio crea minori apprensioni per la sostenibilità del debito pubblico denominato in valute forti estere, rispetto ai paesi con cambi fissi e che tendenzialmente vedono le riserve valutarie assottigliarsi quando le loro esportazioni vengono colpite duramente dalla contrazione dei prezzi. Certo, il fattore geopolitico gioca un ruolo determinante nell’evoluzione degli Eurobond da qui alle scadenze. Quali saranno i rapporti del Cremlino con l’amministrazione Biden? E davvero il presidente Vladimir Putin sarà costretto alle dimissioni per ragioni di salute?

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