Nelle ultime sedute, i rendimenti dei bond sovrani in Russia sono in deciso calo. Rispetto al giorno precedente alle elezioni presidenziali americani, il titolo a 10 anni scende dal 6,28% al 5,83%, mentre la scadenza a 2 anni è passata dal 4,70% al 4,50%. In entrambi i casi, siamo ai minimi da questa estate. Nel frattempo, il rublo ha messo a segno un rafforzamento di oltre il 5% contro il dollaro, scendendo oggi a un tasso di cambio di circa 76,30.

Tassi ai minimi dall’Urss e petrolio sopra 40 dollari: i bond della Russia sorridono

Cosa sta incidendo sul trend? Anzitutto, il petrolio.

La quotazione del Brent in poco più di una settimana è schizzata del 15% e adesso si attesta a poco meno di 45 dollari al barile. Il boom è stato trainato essenzialmente dall’apparente sblocco dei risultati elettorali negli USA, con i media che hanno assegnato la vittoria al candidato democratico Joe Biden, nonché dalla notizia che presto dovrebbe essere disponibile un vaccino di Pfizer-BioNTech contro il Covid.

La Russia è il secondo produttore di petrolio nel mondo dopo gli USA e davanti all’Arabia Saudita. Gran parte delle sue esportazioni sono di prodotti petroliferi, per cui l’andamento del Brent ha ripercussioni dirette e forti sul cambio. E a sua volta, il cambio incide sui tassi d’inflazione. Questa è salita al 4% in ottobre, a fronte di tassi d’interesse fissati dalla Banca di Russia al 4,25%. In teoria, il governatore Elvira Nabiullina non disporrebbe più di margini per tagliare i tassi senza impattare negativamente sul rublo. E questo rappresenta un limite per l’apprezzamento ulteriore del mercato obbligazionario sovrano.

Ma se il Brent continuasse a rafforzarsi o almeno reggesse ai livelli attuali, probabile che il cambio si apprezzi ulteriormente e aiuti a disinflazionare un po’ l’economia russa, ricreando qualche spazio di manovra per l’istituto.

La salute di Putin e i rapporti con Biden

Il petrolio non è l’unico fattore, però, che impatterà a breve sul mercato.

Le voci di possibili dimissioni del presidente Vladimir Putin a inizio 2021 sono state ad oggi smentite, ma restano forti. Si parla di ragioni di salute, di un possibile morbo di Parkinson di cui soffrirebbe il capo dello stato. L’incertezza non è mai amica degli investitori e fino a quando queste illazioni non vengano confermate come tali, si guarderà con un certo nervosismo a Mosca. E c’è la questione americana. Se davvero Donald Trump dovrà uscire dalla Casa Bianca a gennaio – i ricorsi contro presunti brogli non avrebbero significative probabilità di riuscita – il suo successore sarebbe meno ben disposto verso la Russia di Putin. E questo rappresenterebbe un bel problema geopolitico con cui il paese emergente dovrebbe fare i conti per i prossimi anni, con il rischio di nuove sanzioni finanziarie dietro l’angolo.

Oggi come oggi esisterebbero ragioni per credere che il rally dei bond in Russia possa essere già concluso e altrettante per prevederne la prosecuzione. In fondo, lo stesso boom del petrolio s’intreccia con la buona notizia del vaccino da un lato e la cattiva (per Mosca) dall’altro della vittoria di Biden. Il contesto è complesso, ma l’evoluzione appare positiva, perché il peggio per il Brent sarebbe alle spalle e questo non può che fare bene al suo produttore.

Cosa fare dei bond russi dopo la vittoria di Putin per restare al Cremlino fino al 2036

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