Il Tesoro di Atene emetterà titoli del debito pubblico a breve e medio-termine per un ammontare complessivo di 10-12 miliardi di euro nel 2021. Quest’anno, ha collocato sul mercato 12 miliardi attraverso emissioni a 7, 10 e 15 anni. Per l’anno prossimo, ha annunciato che le emissioni saranno con scadenze inferiori e superiori ai 10 anni. La Grecia era rimasta esclusa dai mercati finanziari fino al 2017, a causa della gravissima crisi economica e fiscale, che nel 2012 la costrinse tra l’altro a ristrutturare il debito con un “haircut” di 107 miliardi di euro, il 53,5% del valore nominale dei bond allora in mano ai creditori privati.

Ma abbiamo dovuto attendere proprio quest’anno per avere un calendario completo di scadenze. Per i prossimi 15 mesi, il Tesoro intende tornare sui mercati al ritmo di almeno una volta per trimestre. Del resto, le emissioni servono a ricostruire la curva dei rendimenti e a tenerla liquida. Il governo non ha realmente bisogno di indebitarsi ulteriormente, avendo a disposizione oggi ben 35 miliardi di liquidità, teoricamente sufficiente per coprire il debito in scadenza nei prossimi due anni.

A proposito, nel corso del 2021 dovrà essere rinnovato debito ellenico per 6 miliardi, mentre 5,5 miliardi dovranno essere impiegati per pagare gli interessi. La Commissione europea stima, poi, un deficit di poco superiore ai 10 miliardi di euro, per cui la Grecia avrà bisogno complessivamente di 16 miliardi tra debito in scadenza e nuovo da finanziare. Tenuto conto delle scorte liquide, scenderebbe a 19 miliardi, ma con i 12 miliardi attesi dalle nuove emissioni resterebbe con disponibilità superiori ai 30 miliardi, qualcosa come più del 16% del PIL ellenico atteso a fine 2021.

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Il PEPP sosterrà la Grecia anche l’anno prossimo

A questo punto, dovremmo chiederci se il mercato garantirà al paese la stessa fiducia mostrata quest’anno. La risposta appare positiva e ha a che fare, come per l’Italia, con la BCE.

L’istituto non acquista titoli di stato di Atene attraverso il “quantitative easing”, bensì solamente con il PEPP, di recente ampliato di altri 500 miliardi a 1.850 miliardi. Tra marzo e novembre di quest’anno, ha inserito a bilancio 16,3 miliardi di “sirtaki” bond, ben oltre i 12 miliardi delle emissioni lorde. Se da qui al termine ad oggi fissato per il programma, cioè al 31 marzo 2022, continuerà a comprare titoli ellenici per il 2,5% della somma totale destinata ai bond sovrani, gli acquisti residui ammonteranno a circa 20 miliardi nei prossimi 15 mesi, nettamente sopra le emissioni nette, queste ultime pari solamente a 4-6 miliardi nel corso del 2021.

E se il debito della Grecia fosse promosso da almeno una delle principali agenzie di rating a “investment grade”, la BCE potrebbe formalmente inserirlo tra gli assets acquistabili con il QE senza nemmeno prevedere alcuna modifica ai criteri che lo corredano. A tale proposito, S&P ad oggi lo valuta BB-, Fitch BB, Moody’s Ba3 e DBRS BB(low). Nel caso migliore, serviranno almeno due upgrade per uscire fuori dall’area speculativa ed essere classificati almeno BBB-, il grado minimo accettabile da Francoforte. Prima della pandemia, si pronosticava che ciò sarebbe accaduto entro il 2021, adesso i tempi potrebbero allungarsi. In ogni caso, grazie al sostegno offerto dalla BCE ai debiti dell’Eurozona e alle scarse scadenze da rinnovare, essendo per oltre l’80% il debito in mano ai creditori pubblici, il ritorno ai rating IG, già prima che termini il PEPP, non sarebbe così remoto come sembra. E questo è il motivo per cui i decennali ellenici hanno aperto il 2020 a un rendimento dell’1,40% e lo stanno chiudendo allo 0,65%, praticamente di un soffio sopra i livelli italiani.

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