Chi conosce i mercati obbligazionari sa che negli USA non sono soliti emettere bond con scadenze troppo lunghe, tanto che il Tesoro sta ancora valutando se collocare prima o poi un titolo a 50 anni, essendo ad oggi il trentennale la scadenza più longeva. In Europa, le cose si mostrano assai diverse. Non appena i rendimenti sovrani e corporate si sono schiantati, negli anni passati c’è stata una corsa ad emettere bond quanto più lunghi possibili per approfittare dei bassi costi di rifinanziamento, con l’Austria, il Belgio e l’Olanda ad avere niente di meno che puntato sui 100 anni.

La differenza non è tanto culturale, bensì di opportunità: gli americani confidano storicamente su bassi tassi di mercato, emettendo debito nell’unica valuta di riserva mondiale, il dollaro.

L’America pensa a un Treasury a 50 o 100 anni

Ma in queste settimane c’è stata un’emissione ultra-lunga persino sul mercato obbligazionario a stelle e strisce. Non si è trattato di un titolo sovrano federale o un cosiddetto “muni-bond”, bensì dell’obbligazione del California Institute of Technology, un’università privata molto prestigiosa in America, con sede a Pasadena e collaborazioni tra l’altro con la NASA. Essa ha collocato sul mercato un bond da 500 milioni di dollari e cedola fissa del 3,65%, la cui scadenza avverrà nel lontanissimo 1 settembre 2119 (ISIN: US13034VAD64), tra 100 anni.

Il prezzo di emissione è stato di 99,747, leggermente sotto la parità, per cui il rendimento esitato è risultato appena superiore alla cedola. Dai primi dati arrivati dal secondario, il prezzo si attesterebbe in area 99, per cui il rendimento continuerebbe a sostare sopra il 3,65%. Considerando che il bond sovrano austriaco in estate sia arrivato a offrire circa mezzo punto percentuale per la scadenza nel 2117, si direbbe che quello americano sia oro colato. E non c’entra il rating, dato che Moody’s assegna al California Institute of Technology il giudizio di “Aa2”, il terzo più alto della sua scala.

Taglio, rating e rischio cambio

In questa fase, i rendimenti americani sovrastano di gran lunga quelli europei per il difforme ciclo monetario, a sua volta conseguenza di un andamento sfasato del ciclo economico. Dopo essere stati tagliati per tre volte quest’anno, i tassi USA restano fissati dalla Federal Reserve all’1,75%, quelli BCE sono a zero. E così, il Treasury a 10 anni offre oltre l’1,80%, mentre il Bund di pari durata il -0,30%. Il differenziale si giustifica con l’atteso rialzo del cambio euro-dollaro, cioè il biglietto verde dovrebbe indebolirsi nei prossimi anni contro la moneta unica. Dunque, quel 3,65% offerto dal bond dell’università californiana con ogni probabilità scenderebbe effettivamente in area 1,50% entro 10 anni, pur restando apprezzabile.

Considerate che il BTp a 10 anni offre oggi l’1,40% e che gode di un rating assai inferiore a quello dell’ateneo, pur non presentando alcun rischio di cambio. E da qui a un secolo, i cicli monetari saranno diversi e il saliscendi del dollaro offrirà parecchie opportunità di ricavare valore nel caso di disinvestimento anticipato, pur esponendo al contempo l’obbligazionista alla volatilità dei corsi obbligazionari per una “duration” così elevata. Apprezzabile, infine, il taglio minimo di 1.000 dollari, che rende questo investimento realmente alla portata di tutte le tasche.

Bond emergenti in dollari e rendimenti al 30-40%

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