Rendimenti offensivi per chiunque voglia investire i propri risparmi sui mercati obbligazionari nell’Eurozona, così come in Giappone. Se la passa ancora un po’ meglio il Nord America, forse non per molto. Ma non diciamo che ovunque sia ormai così, perché anche non lontano dall’Italia esistono opportunità di guadagno impressionanti. E c’è almeno un’altra buona notizia: trattasi di bond in dollari, il cui rischio di cambio è minimo, limitato alle variazioni del cross tra euro e dollaro. Parliamo del Libano, dove il premier Saad al-Hariri si è dimesso dopo settimane di furenti proteste di piazza contro il suo governo, accusato di corruzione.

Il paese è sprofondato così nella più buia crisi politica degli ultimi 30 anni.

Sul mercato obbligazionario, gli effetti di questi accadimenti si notano. Il titolo in dollari con scadenza aprile 2021 e cedola 8,25% (ISIN: XS0250882478) ha perso nella sola seduta di ieri 11 centesimi, scendendo a 67 centesimi e accusando un crollo del 14%. Adesso, offre un rendimento monstre superiore al 46%. E il titolo, sempre in valuta americana, con scadenza giugno 2020 e cedola 6,15% (ISIN: XS0944226637) è sceso anch’esso del 3,5% a 87,8 centesimi, rendendo circa il 28,5%. Su base annua, i due bond perdono rispettivamente il 30% e il 7,5%.

Questi bond emergenti in dollari e compatibili con la legge islamica rendono molto

Rischio sovrano altissimo

Parliamo certamente di rendimenti appetibili, ma che captano un rischio di credito elevatissimo. I “credit default swaps” a 5 anni, i titoli che assicurano contro il caso di fallimento, per il Libano costano ormai il 14,35% dell’investimento, implicando una probabilità di evento creditizio avverso del 59% entro il quinquennio prossimo. Il debito pubblico di Beirut è pari al 150% del pil e non accenna a diminuire, se è vero che il deficit nel 2018 si è attestato all’8,6%. Tant’è che le agenzie di rating valutano i titoli libanesi “junk” o “spazzatura”, con S&P ad assegnare loro il giudizio “B-“, Moody’s “Caa1” e Fitch “CCC”.

Trattasi di livelli rispettivamente di 6, 7 e 8 gradini sotto il più basso “investment grade”, per cui il rischio di perdita del capitale sarebbe teoricamente alto e l’emittente è considerato “speculativo”.

Quanto al fatto che si tratti di obbligazioni in dollari, quale rischio di insolvenza comportano a carico del governo libanese? Sorprendentemente, basso. Le riserve valutarie del paese ammontavano a luglio a 50,7 miliardi di dollari, pari a oltre 23 mesi di importazioni. Questo dato consentirebbe a Beirut di mantenere la parità fissa contro la divisa americana da un lato e di onorare le scadenze in valute estere da qui ai prossimi mesi, che sono sostanzialmente anche l’orizzonte temporale di riferimento per i suddetti bond. Se la situazione politica non degenerasse in un qualche caos finanziario, il dividendo dell’investimento risulterebbe altissimo e verrebbe realizzato in pochi mesi. Ma lo scenario geopolitico nell’area non autorizza all’ottimismo, con lo stesso Libano ad essere legato all’Iran da rapporti delicati e per questo sotto le lenti saudite.

Investire in bond emergenti in valute forti? Ecco a cosa guardare per limitare i rischi

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