C’era un tempo in cui noi italiani eravamo il famoso “BoT people”, il popolo di formiche risparmiatrici e investitore di massa in titoli di stato. Allora, si strappavano tassi annui anche del 20%, seppure a fronte di un’inflazione grosso modo sugli stessi livelli. Quell’Italia non esiste più, diremmo anche per fortuna. Adesso, meno del 5% del debito pubblico tricolore è in mano direttamente alle famiglie, il resto lo posseggono le banche, le assicurazioni, gli investitori istituzionali stranieri e la BCE.

Di fronte ad anni di allarmi giornalieri sulla tenuta dei nostri conti pubblici, in tanti hanno preferito tenersi liquidi, optando per lasciare i risparmi su un conto in banca infruttifero, anziché investire in BTp e guadagnare qualcosa.

Investire in BTp e guadagnare a doppia cifra in pochi mesi, è appena successo

Ma rinunciare a un interesse pur minimo equivale a perdere. L’inflazione determina, infatti, la perdita di potere di acquisto dei risparmi con il passare dei mesi e degli anni. Per quanto nell’ultimo decennio sia stata bassa, ciò non toglie che il problema esista. E i titoli di stato diventano un’occasione interessante per proteggersi da tale rischio. Già, ma allo stato attuale non tutti i BTp sono buoni a tale fine.

Alla ricerca di un rendimento netto reale positivo

Anzitutto, dobbiamo mettere le mani avanti sul futuro. Se la BCE riuscirà a centrare il target di un’inflazione annua “vicina, ma di poco inferiore al 2%”, significa che tutti i bond che offrono rendimenti inferiori a tale obiettivo rischiano di produrre perdite reali, sebbene allo stato attuale di alternative disponibili non ve ne siano, almeno non a parità di rischio. E pensate che in Germania nemmeno investendo in un Bund a 30 anni si riesce oggi a portare a casa un rendimento lordo superiore al mezzo punto percentuale all’anno.

In Italia, per nostra fortuna e per disperazione del Tesoro, le cose stanno assai diversamente: già dalla scadenza a 8-9 anni si ottengono rendimenti netti in linea con il target d’inflazione.

Ieri sera, il BTp settembre 2028, cedola 4,75%, offriva in chiusura di seduta il 2,19% lordo. Al netto dell’imposta del 12,5%, rendeva l’1,92%, livello minimo accettabile per proteggere i risparmi nel tempo. Ma faceva un po’ meglio il BTp 2027, cedola 2,20%, con il 2,26% lordo e l’1,98% netto. Sembra un paradosso che il bond più giovane di un anno offra di più, ma ciò dipende con ogni probabilità dalla cedola più generosa corrisposta dall’altro, che evidentemente è finita per attirare maggiore domanda. E qua veniamo a un secondo ordine di ragionamento: non guardate solo al rendimento, bensì pure al tasso cedolare.

Tassazione BTp, ecco come funziona

Il BTp 2028 offre cedola 4,75% e fa come prezzo quasi 120. Questo significa che una famiglia lo acquista a 120 e ottiene ogni anno fino alla scadenza 4,75, che rapportato all’investimento (4,75/120) fa il 4%. Il BTp 2027 offre cedola 2,20% e prezza poco meno di 100, per cui questa vale proprio il 2,2% dell’investimento. Questo significa che il primo bond mi garantisce, a sostanziale parità di rendimento, un flusso di reddito quasi doppio fino alla scadenza.

Duration e inflazione

Ma le famiglie potrebbero volere investire nei BTp semplicemente per lucrare dalle oscillazioni dei prezzi. In questi casi, bisognerà puntare sui titoli più longevi, quelli con duration elevata, altrimenti i margini di guadagno potenziali sarebbero bassi. Attenzione, però, perché ciò comporta esporsi anche a rischi più alti nel caso in cui i tassi salissero (e i prezzi scendessero). Diremmo che le scadenze preferibili sarebbero almeno dai 10 anni insù, con i trentennali a esibire le migliori occasioni nel caso di tassi calanti.

Investire in BTp seguendo il rendimento immediato? Vince il trentennale

Infine, occhio ai BTp Italia se l’inflazione dovesse salire repentinamente in futuro.

Garantiscono rendimenti reali positivi in un’ottica di medio-lungo termine. Prendiamo il bond maggio 2023, che proprio oggi stacca la cedola semestrale dello 0,025%: rende l’1,25% lordo alla scadenza, a fronte dell’1,43% offerto dall’omologo a tasso fisso. Ma ad esso bisogna ancora sommare l’inflazione del periodo, che in questi primi mesi del 2019 si aggira in Italia nell’ordine dell’1% su base annua. Questo significa che il suo rendimento annuo effettivo salirebbe in area 2,25%, circa 80 punti base sopra il BTp con cedola fissa.

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