“Buy the dips and sell the rips” è il principale motto di Wall Street e che più o meno invita gli investitori a comprare i titoli ai minimi e a rivenderli quando sono ai massimi di prezzo. Sarebbe da Nobel per l’Economia se vi fosse una qualche regola capace di suggerirci per tempo quali siano i valori minimi e massimi. In fondo, il gioco della borsa gira tutto intorno al tentativo di individuarli. Chi è stato capace di acquistare i BTp ai minimi toccati in profondo autunno, nonché a rivenderli nelle ultime settimane, ha potuto portare a casa guadagni a dir poco soddisfacenti.

La ripresa economica dell’Italia e gli effetti collaterali sui BTp

Era fine settembre, quando lo spread BTp-Bund iniziò a lievitare ulteriormente – aveva iniziato a farlo da metà maggio 2018, a seguito delle trattative tra Lega e Movimento 5 Stelle per formare il governo Conte – e i rendimenti italiani s’impennavano sulle tensioni tra Roma e Bruxelles riguardo alla manovra di bilancio. Un brutto colpo per i titoli di stato tricolori, le cui quotazioni hanno “bruciato” parecchi punti in 5-6 settimane, salvo tornare a salire con il raggiungimento dell’accordo sul deficit tra le due parti.

Il “sell-off” ha provocato maggiori perdite ai titoli più longevi, visto che sono quelli a mostrarsi più sensibili al variare dei rendimenti. Prendete il BTp settembre 2038, cedola 2,95%. Trattasi di un ventennale, che nel novembre scorso era salito a un rendimento massimo del 4,27%, mentre oggi offre l’1% in meno. Nell’arco di un semestre, quindi, le quotazioni sono lievitate di oltre il 12%. E considerando che la sua “duration” sia di 15,3 anni, nel caso in cui tornasse al 2,50% di un anno fa, prima che la bufera finanziaria investisse l’Italia, si apprezzerebbe di un altro 12%.

Nuovo rally possibile?

Meno di tre mesi fa, invece, il Tesoro emetteva di poco sotto la parità un nuovo trentennale, vale a dire il BTp settembre 2049, cedola 3,85%.

Da allora, ha guadagnato il 6% e il suo rendimento risulta sceso al 3,47% di oggi. Se si portasse ai livelli a cui il trentennale (2048) si attestava un anno fa, cioè in area 2,80-5%, registrerebbe un ulteriore aumento di prezzo del 12%. Infine, il BTp 2067 o anche detto “Matusalemme”, essendo il più longevo della curva delle scadenze in Italia. Rende il 3,68% contro il 4,23% a cui si era portato a novembre, rispetto a quando ha guadagnato circa il 9,5%. Metterebbe a segno un altro +15%, se rendesse quei 60 punti base in meno del maggio 2018, tenuto conto della sua duration di oltre 25 anni.

BTp 2049: occhio alla cedola per non restare fregati

Qualcuno noterà che da inizio anno, Piazza Affari sia salita del 16,5%, una percentuale che ci porterebbe a preferire le azioni alle obbligazioni. Giusto, ma stiamo parlando di due tipologie di investimento differenti, con i bond a garantire flussi di reddito stabili fino alla scadenza. Inoltre, se nei prossimi mesi sull’economia italiana dovessero addensarsi altre nubi, mentre il comparto azionario ne verrebbe quasi certamente colpito, i BTp subirebbero conseguenze ambigue, non decifrabili a priori. Il principale rischio verrebbe da un ritorno alle tensioni con la Commissione UE sulla politica fiscale, tant’è che oggi i prezzi ripiegano sulla semplice dichiarazione del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, secondo cui all’Italia verrà impedito di travolgere l’Europa con il suo immenso debito pubblico, evitandole di diventare una seconda Grecia.

D’altra parte, se la BCE allentasse ulteriormente la sua politica monetaria o allontanasse il rialzo dei tassi, a beneficiarne sarebbero proprio i nostri titoli, i più venduti nell’ultimo anno in Europa, con i rendimenti ad essere lievitati pericolosamente in prossimità dei livelli di Atene, allontanandosi da quelli del resto della periferia dell’area.

Questo non significa che siano sicuri, specie se si abbia intenzione di acquistarli per rivenderli alla prima occasione utile, in quanto la loro elevata duration li espone al rischio di aumento dei rendimenti più del tratto a breve e medio della curva. Ad ogni modo, chi avesse rischiato negli ultimi mesi, oggi festeggerebbe e potrebbe farlo anche in futuro, se i nostri rendimenti tendessero almeno ai livelli spagnoli, che per i 30 anni offrono ancora oltre l’1,10% in meno.

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