La scorsa settimana, Moody’s ha declassato i titoli del debito pubblico del Sudafrica di un gradino a “Ba1” da “Baa3”, mantenendo un outlook “negativo”. Poiché già S&P e Fitch nel 2017 avevano tagliato i rispettivi rating a “junk” o “spazzatura”, adesso formalmente il Sudafrica è a tutti gli effetti un emittente speculativo, avendo perso lo status di “investment grade”. Per il suo mercato sovrano, un brutto colpo, per quanto atteso ormai da settimane. Rischiano di defluire fino a 12 miliardi di dollari, a causa dell’uscita dei bond locali dal World Government Bond Index, anche se non è detto che il “sell-off” sia immediato e avvenga tutto insieme.

La decisione dell’agenzia riflette il crescente deterioramento dei conti pubblici sudafricani, con il rapporto debito/pil in salita al 60%. Dopo il “downgrade”, il cambio tra rand e dollaro è sprofondato ai nuovi minimi storici, oltrepassando la soglia di 18 ieri e perdendo così oltre il 22% quest’anno. I rendimenti, invece, non si sono mossi, con il decennale a viaggiare in area 11,70% e il biennale al 7,35%. Una settimana prima, scontando tra l’altro proprio le mosse di Moody’s, i rendimenti erano esplosi rispettivamente al 12,35% e al 7,80%.

A marzo, la Reserve Bank aveva tagliato i tassi di 100 punti base al 5,25%, lasciandosi bassi margini per reagire alla crisi internazionale, i cui riflessi sull’economia domestica appaiono ogni giorno sempre più gravi. E’ attesa con certezza la recessione e il Sudafrica stesso registra circa 1.300 casi di Coronavirus, pur senza morti fino alla giornata di ieri. Il ministro delle Finanze, Tito Mboweni, dopo il declassamento ha ammesso che il paese abbia in mente di richiedere aiuti internazionali, ma al solo fine di finanziare le spese per l’emergenza pandemia, non per coprire i “buchi” di bilancio. Tra Fondo Monetario Internazionale, Banca dello Sviluppo e Banca Mondiale, ha dichiarato, la soluzione preferita sarebbe quest’ultima.

I bond sudafricani non comprano il taglio dei tassi, cresce il rischio

Giù anche i bond in dollari

Il presidente Cyril Ramphosa, in un colloquio telefonico con Mboweni e il governatore Lesetja Kganyago, ha chiesto l’attuazione di un’agenda delle riforme, già ufficialmente presentata lo scorso anno dal governo. Adesso, la politica avrebbe la forza per decidersi a passare alle azioni dopo anni di tentennamenti. Interessante il passo di affidarsi agli aiuti internazionali, dato che l’African National Congress, partito di maggioranza che fu di Nelson Mandela e che rappresenta perlopiù la popolazione nera, ha sempre respinto l’ipotesi per il timore delle politiche di austerità fiscale che verrebbero richieste in cambio.

A parte l’oro, le cui quotazioni si sono impennate nelle ultime settimane, le altre materie prime esportate dal Sudafrica sono in crisi, tra cui diamanti, palladio e ferro, anche se il tracollo del cambio compensa, almeno parzialmente, i ribassi delle quotazioni. A risentire negativamente della crisi sono anche le obbligazioni emesse in dollari, con il bond gennaio 2024 e cedola 4,665% (ISIN: US836205AQ75) ad avere perso quest’anno il 15%. Peggio ha fatto il titolo giugno 2030 e cedola 5,875% (ISIN: US836205AY00), che nello stesso periodo ha perso più del 21%, crollando a 85 centesimi, avendo toccato un minimo di 80 nelle sedute precedenti. E la scadenza giugno 2048 e cedola 6,30% (ISIN: US836205AZ74) ha perso quasi un quarto del suo valore, scendendo a poco più di 80 centesimi.

Prima del “downgrade”, i “credit default swaps” costavano 400 punti base, riflettendo un rischio atteso entro 5 anni del 6,63%. A inizio anno, non si arrivava a 160 bp, segnalando come sul mercato vi sia stato un deterioramento delle aspettative, specie dalla metà di febbraio, quando l’emergenza Coronavirus arrivò in Italia, facendo scattare l’allarme in tutto il resto del mondo.

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