Il colosso energetico russo Gazprom ha da poco collocato sui mercati internazionali un nuovo Eurobond dall’importo “benchmark”, verosimilmente da almeno 500 milioni di dollari. Ottimo il riscontro tra gli investitori, la cui domanda ha raggiunto un picco di 4 miliardi, consentendo all’emittente di tagliare il rendimento offerto rispetto alla “guidance” dal 3,25-3,375% al 2,95%. Le obbligazioni hanno una scadenza di 8 anni. Nel prospetto informativo, la stessa Gazprom aveva inserito tra i fattori di rischio per gli obbligazionisti l’eventuale stop al completamento del cosiddetto North Stream 2, il piano da 11 miliardi di dollari per trasportare il gas dalla Russia alla Germania.

Negli ultimissimi giorni di amministrazione, l’ormai ex presidente americano Donald Trump ha sanzionato le navi che si occupano della posa dei tubi nel Mare del Nord. Tuttavia, la società rimane ottimista sul completamento del piano. Il mercato le ha dato ragione, se è vero che oltre i tre quarti degli ordini sono arrivati dagli investitori di USA, Regno Unito, Svizzera e Medio Oriente.

Obbligazioni Gazprom in euro a rendimenti interessanti, meglio su scadenze lunghe

Gazprom ha rating “investment grade” secondo tutte le principali agenzie di valutazione: BBB- per S&P, BBB per Fitch e Baa2 per Moody’s. L’ultima emissione risale all’ottobre scorso, quando sui mercati venne collocato un bond perpetuo in due tranche: una in dollari per 1,4 miliardi e con cedola fissa del 4,598% (ISIN: XS2243631095); la seconda in euro per 1 miliardo e cedola fissa del 3,897% (ISIN: XS2243636219). In questi poco più di tre mesi, i titoli si sono apprezzati rispettivamente di circa il 4% e il 4,4%. I bond perpetui non hanno scadenza ed espongono l’investitori a un elevato rischio di volatilità per effetto dell’alta sensibilità dei prezzi alle variazioni dei rendimenti.

I rischi del bond Gazprom

Tornando all’emissione delle scorse ore, essa presenta sostanzialmente tre rischi.

Il primo è di credito e si riferisce all’andamento del mercato energetico. Le quotazioni del greggio sono crollate ai minimi da oltre un ventennio nella primavera scorsa e, pur in netto recupero, restano di quasi il 15% più basse dei livelli pre-Covid. Il loro trend futuro dipenderà dalla capacità dell’economia mondiale di mettersi alle spalle quanto più velocemente possibile la crisi scatenata dalla pandemia. Ma i livelli dei passeggeri del 2019 potrebbero essere riacciuffati solamente tra il 2023 e il 2024, stando alla IATA. Ciò lascia intendere quanto i consumi energetici continueranno a risentire di questa crisi per ancora diversi anni.

Secondariamente, si tratta di un’emissione in dollari, una valuta che dovrebbe deprezzarsi contro l’euro nei prossimi anni. Il rendimento effettivo, dunque, dovrebbe risultare nettamente inferiore al 2,95% segnalato dalla cedola. Infine, il rischio politico. L’amministrazione Biden non sembra destinata ad essere molto amichevole con la Russia di Vladimir Putin e ciò peserà sul rischio sovrano di Mosca e, a cascata, su quello di tutte le imprese private e statali del paese. Del resto, malgrado le simpatie personali reciproche, i rapporti tra Cremlino e Casa Bianca sono rimasti assai tesi anche durante i quattro anni di amministrazione Trump. Quest’ultima non ha ritirato le sanzioni finanziarie contro la Russia, imposte dal 2014 per via dell’occupazione della Crimea.

Il presidente Biden farà schiantare nuovamente i prezzi del petrolio sui mercati?

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