Torna sui mercati internazionali il fondo sovrano saudita Public Investment Fund (PIF) per l’emissione del secondo bond della sua storia. Sarà anche stavolta denominato in dollari USA e suddiviso in tre tranche a 7, 12 e 30 anni. La prima emissione risale solamente all’ottobre scorso, quando l’ente raccolse 3 miliardi di dollari attraverso un bond a 5, 10 e 100 anni. La prima tranche allora fu “green”, vale a dire legata al finanziamento di progetti a sostegno dell’ambiente. Il mandato è stato affidato a un consorzio bancario composto da Goldman Sachs, JP Morgan, Standard Chartered, Bank of America, BNP Paribas, Citigroup, First Abu Dhabi Bank, HSBC, Morgan Stanley, Credit Agricole, GIB Capital, ICBC, Mizuho, SMBC Nikko e Société Générale.

Stando alle indicazioni della vigilia, la tranche a 7 anni del bond PIF offrirebbe in partenza un rendimento alla scadenza di 145 punti base sopra il T-bond degli Stati Uniti al 3,50%; la tranche a 12 anni offrirebbe +175 punti base sopra il T-bond al 4,125% e la tranche a 30 anni +215 punti base sopra il T-bond al 3%. Pertanto, i rendimenti proposti al mercato sarebbero rispettivamente in area 4,95%, 4,875% e 5,15%.

L’importo di ciascuna tranche sarà “benchmark”, che nel linguaggio finanziario indica non inferiore ai 500 milioni di dollari. In pratica, il bond PIF raccoglierà non meno di 1,5 miliardi dalla sua seconda emissione. I rendimenti offerti appaiono allettanti, anche perché il rischio di credito risulta abbastanza basso, per non dire praticamente nullo. Il fondo appartiene allo stato saudita e vanta alti rating: A1 da Moody’s e A da S&P.

Bond PIF con rischio di cambio

Per quanto elevati in questa fase, i rendimenti del bond PIF offerto a questo giro si rivelano decisamente inferiori a quelli di ottobre. Nel frattempo, infatti, i rendimenti americani sono scesi. Da notare che la tranche a 100 anni emessa ad ottobre al rendimento del 6,70% e con cedola 5,375% rendeva ieri intorno ai 94,40 centesimi, in rialzo di circa il 20% dai minimi toccati subito dopo l’avvio delle negoziazioni sul mercato secondario.

PIF si è impegnato a sostenere l’economia saudita con investimenti per 40 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 ed entro il 2026 punta ad impiegare 10 miliardi in progetti ambientali. Gestisce asset per un valore superiore ai 600 miliardi e con l’obiettivo di arrivare a 1.000 miliardi entro il 2025. A gennaio, l’Arabia Saudita emise un Eurobond per 10 miliardi di dollari, il primo del nuovo anno.

Questa è una fase particolarmente positiva per l’economia del Golfo Persico, che può approfittare delle elevate entrate petrolifere dopo anni di magra. Anche per questo il bond PIF si presenta come una ghiotta opportunità per il mercato di ottenere rendimento da un investimento relativamente sicuro. Il vero rischio riguarda il tasso di cambio. Poiché il dollaro dovrebbe deprezzarsi contro l’euro nei prossimi anni, il valore del capitale alla scadenza o alla previa data del disinvestimento rischia di ridursi.

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