Il periodo è propizio e i governi ne approfittano. Questa settimana, la Spagna ha attirato capitali per 65 miliardi di euro con l’emissione del suo nuovo bond a 50 anni, collocato sul mercato per un importo di 5 miliardi. La cedola offerta è stata relativamente bassa, dell’1,45%. Pensate che nel 2016, quando Madrid emise il suo primo cinquantennale, la cedola fu del 3,45%. Quel titolo, con scadenza 30 luglio 2066 (ISIN: ES00000128E2), ieri quotava sopra 172 e offriva un rendimento dell’1,08%. Fino a qualche settimana fa, si aggirava sotto l’1%.

Il successo della Spagna arriva a pochi giorni di distanza da un’altra emissione a 50 anni, stavolta del Belgio e sempre per 5 miliardi. In quel caso, il rendimento è stato ancora più basso, cioè dello 0,69%. Il titolo si è un po’ deprezzato sui 95,50 centesimi e ieri offriva lo 0,75%. Molto bene anche il Portogallo, che ha collocato sul mercato un trentennale per 3 miliardi, attirando ordini per 40 miliardi, a fronte di una cedola di appena l’1%. Questa pioggia di emissione a lunghissima scadenza sta facendo risalire i rendimenti sul tratto a 30-50 anni. Il trentennale tedesco rende da qualche seduta a questa parte poco sopra lo zero (+0,03%, ieri), quello francese offre lo 0,53%.

Attenti al Portogallo, i suoi bond sono sopravvalutati alla luce dell’allarme Covid

Opportunità, ma anche grossi rischi con la reflazione

Quanto all’Italia, i rendimenti hanno momentaneamente smesso di scendere dopo il calo registrato con la nomina di Mario Draghi a premier incaricato. La scadenza a 50 anni da noi offre ancora più dell’1,70%, circa 65 punti base in più dell’omologo spagnolo. Ci sono grossi margini di discesa, ma dobbiamo anche avvertire che inizia a serpeggiare tra gli investitori qualche timore sulla reflazione in corso. Tra potenti stimoli monetari e l’attesa di un nuovo maxi-piano di stimoli fiscali negli USA da 1.900 miliardi di dollari, il mercato sta già facendo i conti con l’enorme carta che dovrà essere sottoscritta nei prossimi mesi, a fronte di un’inflazione che segnala di rialzare la testa dopo mesi di prezzi al consumo in calo un po’ ovunque.

La reflazione è un fenomeno che colpisce particolarmente le obbligazioni con “duration” più elevata, cioè a lunga scadenza e/o basse cedole. Infatti, continuare a finanziare i governi con rendimenti infimi o persino nulli, come nel caso della Germania, sulle scadenze a 30 anni o anche più lunghe significa andare incontro all’elevato rischio di non riuscire a coprire neppure la perdita del potere di acquisto in un futuro non lontano. I prezzi di questi titoli ultra-lunghi inevitabilmente crollerebbero e chi volesse disinvestire si addosserebbe perdite finanche elevate. Dunque, queste scadenze appaiono più allettanti per gli investitori istituzionali, i quali possono permettersi di attendere fino alle date del rimborso o ritengono persino preferibile farlo, dovendo impiegare la liquidità dei clienti su un orizzonte temporale lungo, come nel caso dei fondi pensione.

Poco adatte si mostrano, invece, per gli investitori individuali, che trarrebbero maggior beneficio dalla costruzione di un portafoglio con scadenze progressive, così da approfittare dal rialzo dei rendimenti di mercato nei prossimi anni. Man mano che i titoli arriverebbero a scadenza, si potrebbero rimpiazzare con altri dalle cedole maggiori, ottenendo un flusso di redditi più alto.

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