C’è un’economia in Africa, che sta subendo più di altre il contraccolpo della pandemia, a causa del tracollo delle quotazioni petrolifere. E’ la Nigeria, che potrebbe ricevere presto aiuti dal Fondo Monetario Internazionale e la cui banca centrale quest’anno ha più volte dovuto svalutare il tasso di cambio per circa il 20% in tutto contro il dollaro. La crisi valutaria sarebbe solo agli inizi, se è vero che sul mercato nero il naira scambia a circa il 22% più debole rispetto al suo tasso ufficiale.

In questi giorni, è stata superata la soglia psicologica di 500:1 e sebbene il governatore Godwin Emefiele sostenga che il mercato nero non funga da “benchmark” per valutare il tasso “fair” del naira, le prospettive per la valuta emergente si mettono male. Tant’è che lo stesso mercato sconta un deprezzamento a 5 anni a 600 contro il dollaro, circa il 36,5% più basso del cambio attuale.

Obbligazioni emergenti “spazzatura” e che in dollari rendono fino al 17%

Ci credereste mai che in un’economia simile i rendimenti sovrani siano letteralmente collassati quest’anno? E’ accaduto proprio questo. Il bond a 2 anni apriva il 2020 all’8,50% e adesso offre lo 0,54%. Il decennale è passato nel frattempo dal’11,56% al 4,36%. Il ventennale a stento arriva al 5%. Se non fosse che i rendimenti sui mercati avanzati siano crollati fin sottozero, diremmo che la Nigeria presenti condizioni simili per il suo debito sovrano. Eppure, parliamo di titoli “spazzatura” secondo le agenzie internazionali: rating B- per S&P, B per Fitch e B2 per Moody’s.

Le cattive condizioni macro nigeriane

Non è il livello del debito a preoccupare, sotto il 20% del PIL, quanto l’insostenibilità dei conti pubblici in sé. Le entrate fiscali nel 2019 si sono fermate solamente al 7,9% del PIL e il deficit ha chiuso sopra il 4%. In pratica, il governo non riesce a riscuotere le imposte e le stesse entrate petrolifere si perdono tra furti di organizzazioni terroristiche e corruzione tra gli apparati dello stato.

Paradossalmente, gli Eurobond in dollari emessi da Lagos offrono ormai rendimenti superiori a quelli in valuta domestica: il titolo che scade nel febbraio 2032 e cedola 7,875% (ISIN: XS1566179039) offre il 6,71%, mentre il trentennale con scadenza novembre 2047 e cedola 7,625% (ISIN: XS1717013095) rende il 7,35%.

Com’è possibile una simile anomalia, considerato anche il tasso d’inflazione del 14% superi di gran lunga sia il tasso d’interesse dell’11,50% che i rendimenti sovrani lungo la curva delle scadenze? La risposta ce la offre la banca centrale, che nell’ottobre dello scorso anno chiudeva gli Open Market Operations (OMO), attraverso le quali offriva titoli ad alti interessi alle istituzioni finanziarie locali, al fine di drenare liquidità dai mercati e stabilizzare i prezzi. Ora che gli OMO non ci sono più e che stanno arrivando a scadenza, entità come i fondi pensione stanno utilizzando la liquidità per comprare titoli di stato alle varie scadenze. L’alta domanda ne ha fatto esplodere i prezzi e crollare i rendimenti.

Questo trend non appare sostenibile a lungo. I rendimenti reali sono negativi a doppia cifra sulle scadenze medio-brevi e dall’estero non dovremmo attenderci afflussi di capitali, se è vero che una ulteriore maxi-svalutazione del naira appaia scontata. Per non parlare del fatto che lo stato versi in una situazione di crisi fiscale, dalla quale non è detto riesca a riprendersi nei prossimi mesi. Un debito spazzatura che paga lo zero virgola fino ai 2-3 anni non è normale, anche perché a garantirlo non c’è un’istituzione affidabile come la BCE con i titoli ellenici.

I bond in dollari della Nigeria offrono rendimenti alle stelle e restano rischiosissimi

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