Chi vi ha detto che i rendimenti siano scomparsi sui mercati obbligazionari internazionali? Basta saperli cercare e, soprattutto, essere consapevoli più che in passato che “high yield” è sinonimo di alto rischio. Moody’s ha declassato il rating sovrano dello Sri Lanka a Caa1, uno degli ultimi giudizi prima del default. I bond in dollari dello stato asiatico non l’hanno presa bene, scivolando di prezzo e ampliando gli spread rispetto ai Treasuries ai livelli tra i più alti al mondo.

Peggio fanno solo i titoli di stati come Venezuela e Libano, in default da tempo, così come di Zambia, Belize e Argentina, anch’essi o in default o in fase di ristrutturazione dei rispettivi debiti.

Primo default causato dal Covid, rendimenti sopra il 50% e cedole sospese

L’obbligazione in scadenza il 3 novembre 2025 e cedola 6,85% (ISIN: USY8137FAE89) perdeva ieri il 5,70%, crollando a poco più di 71 centesimi e offrendo un rendimento del 17,56%. Rispetto ai livelli pre-Covid, segnano un pesante -30%. Male anche il titolo con scadenza marzo 2030 e cedola 7,55% (ISIN: USY8137FAR92), anch’esso ieri in arretramento di circa il 5,5% e il cui rendimento risultava così salito al 16,56%. In questo caso, il bond perde circa un terzo del suo valore dall’inizio della pandemia.

Più bassi i rendimenti dei titoli denominati in rupie locali: il biennale offriva ieri il 5,94%, il decennale il 7,59%. Il trend è stato calante in questo caso, negli ultimi mesi. Vi ha inciso certamente il taglio dei tassi della banca centrale, pari a 250 punti base cumulati solo quest’anno e dopo i -100 bp dell’anno scorso. In termini reali, il costo del denaro al 4,50% si mostra oggi di poco positivo, dato che l’inflazione in agosto si è attestata al 4,10%.

Peggiorano le prospettive

Il Ministero delle Finanze di Colombo ha definito l’iniziativa di Moody’s “infondata” e basata su “valutazioni errate”, ribadendo la volontà di onorare le scadenze.

Il problema è che i fondamentali cingalesi non favoriscono una lettura ottimistica della situazione. A parte che il debito pubblico quest’anno tenderebbe al 100% del pil, le riserve valutarie sono scese a 7,1 miliardi di dollari, a fronte di 3,2 miliardi di pagamenti dovuti entro dicembre e di 6,5 miliardi entro i prossimi 12 mesi.

Dunque, non è un fatto di buona volontà, bensì di condizioni oggettive sempre più difficili. Del resto, i giudizi delle altre principali agenzie di rating non sono granché più lusinghieri: B- per S&P e Fitch, con la seconda ad avere prospettive “negative”. Lo stesso mercato sconta un elevato rischio default, tant’è che per l’emissione decennale in dollari pretende un rendimento di quasi 1.600 punti base sopra il Treasury e per la scadenza quinquennale di oltre 1.700. Considerate che già i 1.000 punti costituiscono la soglia di demarcazione tra una situazione di stress e un’altra meno preoccupante.

Bond emergenti favoriti dalla svolta Fed sull’inflazione

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