Sembra essere “game over” per tanti risparmiatori italiani in possesso dei Buoni fruttiferi postali emessi tra il 1986 e il 1995. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da una famiglia contro la sentenza della Corte di Appello di Milano e assistita da Federconsumatori, dando ragione a Poste Italiane. La diatriba riguardava il calcolo degli interessi della serie Q/P.

Nel 1986, un decreto del Ministero di economia e finanze fissava i tassi d’interesse relativamente a una serie di Buoni fruttiferi postali di nuova emissione.

Questi risultavano più bassi della serie P precedente. Tuttavia, Poste stampò gli stessi moduli e si limitò, non spesso senza errori, a timbrare i nuovi con l’indicazione dei tassi d’interesse per i primi 20 anni. Invece, nulla fu modificato in relazione agli ultimi 10 anni. Ne nacque la serie “ibrida” Q/P.

Buoni fruttiferi postali, il pasticcio sugli interessi

I risparmiatori soccombenti dinnanzi alla Cassazione richiedevano il pagamento dei “vecchi” tassi almeno per gli ultimi 10 anni. Dal 21-esimo al 30-esimo anno di detenzione di questi Buoni fruttiferi postali, infatti, Poste applica il 12% contro il precedente 15%. Secondo i giudici, bisogna tenere conto che nel frattempo l’inflazione sia diminuita dai livelli allarmanti degli anni Ottanta e, pertanto, l’operazione di Poste non andrebbe valutata come “speculativa destinata a pesare sull’ignaro ed indifeso sottoscrittore”. Ci permettiamo di rilevare che le motivazioni fornite siano qui di natura squisitamente macro-economica e politica, non di forma. Poste ha prospettato un certo livello di tassi nella confusione creata con il timbro sui vecchi moduli, per cui i risparmiatori avrebbero avuto titolo a riscuotere i maggiori interessi.

Se da un lato sembra che i possessori di Buoni fruttiferi postali della serie Q/P debbano rassegnarsi, non lo stesso dicasi con riferimento a un’altra questione non meno importante per le tasche di migliaia di risparmiatori: il metodo di calcolo degli interessi.

Stiamo parlando della prassi di Poste di calcolare gli interessi al netto dell’imposta del 12,5% già di anno in anno e non alla scadenza. Quella che può sembrare una semplice formalità, si rivela un danno per i clienti. Poiché il calcolo per i primi 20 anni avviene con la capitalizzazione (gli interessi fruttano interessi), l’importo liquidato risulterà più basso del dovuto. Sulla vicenda pendeva una class action di Federconsumatori, anch’essa bocciata di recente al Tribunale di Roma. Ma l’associazione ha annunciato che la battaglia legale prosegue.

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