Oggi, analizziamo il BTp settembre 2046 e cedola 3,25% (ISIN: IT0005083057). Il bond venne emesso per la prima volta nel 2014, per cui nacque come un ultra-trentennale. La sua vita residua è attualmente di poco superiore ai 26 anni. Diciamo che si tratta di un investimento a lungo termine e a metà strada tra i 20 e i 30 anni. Nella seduta odierna lo si acquista a una quotazione quasi di 128, per cui il rendimento lordo alla scadenza è dell’1,70%, che scende all’1,49% al netto dell’imposizione fiscale.

 

Si tratta di un rendimento elevato per un titolo “risk free” emesso sui mercati avanzati. Ancora più interessante ci appare il flusso delle cedole. Rapportata all’esborso effettivo, ciascuna cedola annualmente pesa per il 2,54%, che al netto delle imposte fa il 2,22%. Un dato altissimo di questi tempi, anche se nel settembre 2046 accuseremmo una minusvalenza di quasi il 22% (27,9 / 127,9), data dalla differenza tra il prezzo pagato per acquistare il titolo e quello che lo stato ci rimborserebbe (100). Questa sarebbe pari a circa lo 0,84% per ogni anno di durata dell’investimento; da qui, il rendimento nettamente inferiore al valore della cedola.

 

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La quotazione attuale, però, non sembra essere giunta ai massimi. Nel settembre scorso, superava 132 e risultava, quindi, del 3,4% più alta di quella attuale. Allora, il rendimento lordo scese fino all’1,55%, 15 punti base sotto i livelli attuali. Questo ci induce a sperare che nel breve periodo il prezzo almeno regga, consentendoci eventualmente di disinvestire senza incorrere in perdite e avendo nel frattempo incassato cedole impensabili in questa fase. Se ipotizziamo che la quotazione resti uguale da qui a 12 mesi, tra un anno esatto il rendimento del BTp 2046 scenderebbe all’1,67%, sostanzialmente simile ai suoi livelli attuali.

 

Rischi ribassisti a breve

 

La rivendita del titolo senza accusare minusvalenze avrebbe un altro pregio, cioè di evitarci la rogna di metterci alla ricerca di plusvalenze compensabili entro i 5 anni successivi per non perdere il credito d’imposta.

Quest’ultimo oggi sarebbe pari al 2,73%, che si ottiene applicando l’aliquota fiscale del 12,50% alla minusvalenza del 21,8%. Spalmata per i 26 anni di durata residua del bond, la mancata compensazione equivarrebbe a un minore rendimento annualizzato dello 0,10%. Per questo, consigliamo sempre all’investitore individuale di acquistare un’obbligazione a prezzi molto sopra la pari, preferibilmente se ritiene di a) poter attendere fino alla scadenza e b) avere credibilmente modo di compensare la minusvalenza con plusvalenze entro i 5 anni successivi alla scadenza.

 

Non esiste solo la probabilità di un ulteriore movimento “upside”. La storia recente del titolo ci racconta di un’alta volatilità, con la quotazione ad essere sprofondata in aprile fino a un minimo di 106,40. Ma il minimo storico venne toccato nell’autunno del 2018, all’apice delle tensioni Roma-Bruxelles sul deficit, a poco sopra 88 centesimi. Tornare a livelli così bassi per il momento appare difficile anche solo pensarci, data la copertura di cui i bond nell’Eurozona godono da parte della BCE. Ad ogni modo, l’Italia sembra avviata a un autunno “caldo” sotto il profilo economico, sociale e politico e non possiamo escludere ribassi anche consistenti, che inevitabilmente risulterebbero più pesanti per le scadenze medio-lunghe e, soprattutto, ultra-lunghe come questa.

 

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