Si è conclusa anche la terza giornata per l’emissione del BTp Italia con scadenza maggio 2025 e cedola reale garantita dell’1,40% (ISIN: IT0005410904) e con essa anche la parte del collocamento dedicata ai risparmiatori individuali, mentre oggi sarà la volta degli investitori istituzionali per la quarta e ultima giornata del collocamento. Il Tesoro ha reso noto il codice ISIN per i titoli collocati oggi sul mercato (IT0005410912). Molto bene la domanda, che al termine della seduta di ieri ha toccato i 14 miliardi.

In sostanza, gli ordini sono arrivati al Tesoro al ritmo di circa 4,5 miliardi al giorno, quasi perfettamente suddivisi nell’arco del tempo. Stamattina, Viale XX Settembre ha confermato l’entità della cedola. Difficile immaginare, infatti, che dopo i buoni risultati ottenuti con il retail avvrebbe pensato ad aumentarla. Il successo dell’operazione è già stato assicurato, per quanto sarebbe stato opportuno non eccedere in insensati trionfalismi.

BTp Italia, bond vincitore nel caso di “guerra” alla Cina

In attesa di verificare quale sarà la risposta degli istituzionali, sappiamo che il record degli oltre 22 miliardi relativo all’emissione avvenuta nel novembre 2013 potrebbe rimanere integro. Il Tesoro ha fatto di tutto per ingolosire il mercato, offrendo una cedola reale superiore al rendimento lordo del BTp quinquennale con cedola fissa negoziabile sul secondario. Quale che sia lo scenario, quindi, il bond in corso di emissione risulterà più conveniente. Poi, se sarà inflazione, ancora meglio, perché le distanze con il BTp con cedola fissa si amplierebbero e si avrebbe modo di rivendere il titolo prima della scadenza a prezzi superiori, dato che gli investitori correrebbero a comprare i titoli protettivi del potere di acquisto.

L’opinione pubblica si mostra divisa sulla effettiva convenienza del BTp Italia, con una fetta non irrilevante di essa ad eccepire che mettere nel cassetto l’1,4% annuo, a fronte di un crescente rischio default dell’Italia, sarebbe poca roba.

I piani di discussione sul punto sono due. In assoluto, se riteniamo che la crisi economica e fiscale italiana sia tale da minacciare la sostenibilità del nostro debito pubblico nei prossimi mesi e anni, effettivamente l’1,4% reale sarebbe un rendimento quasi ridicolo. Se, invece, stiamo discutendo se sia conveniente il BTp Italia a 5 anni rispetto a quello che offre il mercato di questi tempi, anche nel resto del mondo avanzato e a parità di rischio, dobbiamo ammettere che stiamo parlando di un livello relativamente elevato persino per le lunghissime scadenze.

Alternative ghiotte assenti

Tornando al rischio default, però, commettiamo l’errore di pensare che il crac dell’Italia lascerebbe intatto il resto degli assets finanziari e reali in Italia, colpendo solo i titoli di stato. Nulla di più ingenuo. Se un giorno il Tesoro alzasse bandiera bianca, salterebbero in aria un secondo dopo le banche, peraltro piene di bond nei loro bilanci, Piazza Affari, le obbligazioni corporate, con riflessi disastrosi anche sul già precario mercato immobiliare. Questo per dirvi che sia giustissimo interrogarsi se abbia senso finanziare lo stato in un momento in cui le sue casse stanno svuotandosi per via della crisi, ma l’alternativa non sarebbe di certo investire in altri assets nel Bel Paese, bensì fuggire all’estero, in uno di quei “porti sicuri” di cui gli investitori tendono a fidarsi ciecamente per le fasi critiche.

BTp Italia, perché dobbiamo tifare per il successo

Offrire l’1,4% reale per il Tesoro significherà aumentare il costo medio della raccolta, dato che nel 2019 il costo medio di emissione è stato in Italia dello 0,93%, sebbene in aprile il rendimento medio ponderato dei BTp sul secondario si fosse portato già all’1,46%, ben sopra lo 0,59% di febbraio. E il premio fedeltà dello 0,8% rispetto al capitale nominale sottoscritto gli imporrà alla scadenza il pagamento extra massimo di quasi 100 milioni, nel caso in cui tutti i risparmiatori tenessero i titoli acquistati in fase di collocamento fino alla scadenza.

Questo ci fa capire, ove ve ne fosse stato ancora bisogno, che i buoni risultati di questi giorni non siano stati un atto di fede o di riscoperto patriottismo tra le famiglie, quanto la conseguenza di assenza di alternative migliori per impiegare la liquidità.

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