Debuttò come un ultra-trentennale sui mercati, essendo stato emesso nel lontano agosto del 2003, e andrà in scadenza nell’agosto del 2034. Il BTp con cedola 5% (ISIN: IT0003535157) risulta tra i più costosi da acquistare, quotando ieri a 142,70, cioè nettamente sopra la pari. Chi volesse oggi inserirlo in portafoglio dovrebbe sborsare 1.427 euro per ogni 1.000 euro di capitale nominale. In cambio, porterebbe a casa cedole annuali per 50 euro, che rapportate al valore dell’investimento effettivo sarebbero pari al 3,5% lordo e al 3,06% netto. Altissime in questa fase di tassi a zero sui mercati avanzati.

Il problema sta nella scadenza, perché per allora lo stato ci rimborserebbe il 30% in meno di quanto speso, deprimendo il nostro rendimento del 2,12% lordo all’anno per tutti gli oltre 14 anni di durata dell’investimento. Ecco, infatti, che il rendimento netto scende all’1,20%, restando elevato di questi tempi, pur non avendo niente più a che vedere con il tasso della cedola.

Tutto torna: o compri bond emessi da poco tempo con basse cedole e a prezzi intorno alla pari o ne metti in portafoglio altri con cedole elevate, in quanto emessi in tempi lontani, ma che si acquistano a prezzi nettamente superiori a 100 e finiscono per offrirti sostanzialmente gli stessi rendimenti dei primi. I secondi avrebbero maggiormente senso in una fase inflazionistica, quando sarebbe più opportuno anticipare i flussi di cassa per minimizzare la perdita del potere di acquisto, a parità di rendimento offerto alla scadenza. Ma non è il nostro caso, anzi in Italia si sconta una leggera deflazione per i prossimi mesi e forse anni.

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Il fattore prezzo

Se volessimo rivendere il titolo prima della scadenza, dovremmo fare i conti con le variazioni dei prezzi nel frattempo accusate. Bene se avvenissero al rialzo, male nel caso di un ribasso.

La buona notizia è che da qui al medio termine, in assenza di ulteriori tensioni geopolitiche o specifiche in Italia, il BTp agosto 2034 potrebbe reggere di prezzo. Tra un anno, alla medesima quotazione offrirebbe un rendimento netto intorno all’1,20%. Si consideri che avrebbe una durata residua di 13 anni e che l’attuale BTp settembre 2033 a inizio anno si era portato a un rendimento minimo fino all’1,12%. Non possiamo escludere, quindi, che saremmo in grado di rivenderlo a prezzi simili a quelli attuali tra un anno, mentre nel frattempo avremmo incassato cedole per il 5% dell’investimento nominale e per il 3,50% di quello effettivo. E un rendimento con questi numeri non lo offre lontanamente nemmeno il BTp 2067, il più longevo sinora emesso dal Tesoro e vigente sul mercato.

Certo, dovete mettere in conto che se oggi acquistaste il BTp 2034, al venditore dovreste corrispondere, oltre al prezzo relativo al capitale, anche il rateo della cedola semestrale in corso maturata e che verrà staccata l’1 agosto prossimo, cioè tra 22 giorni. Esso sarebbe pari a circa l’88% del 2,50% lordo, cioè al 2,20%, che equivale a 22 euro per ogni 1.000 euro di titoli acquistati. In cambio, tra poco più di tre settimane ricevereste l’intera cedola dallo stato e se rivendeste in titolo esattamente tra un anno, incassereste voi il rateo (attivo).

Infine, se decideste di attendere la scadenza, dovreste fare attenzione al cosiddetto “zainetto” fiscale. La minusvalenza del 30% vi darebbe diritto a un credito d’imposta del 3,74%, applicando l’aliquota del 12,50% prevista sui proventi dei titoli di stato. Questo dovrebbe trovare compensazione con passività fiscali generate da plusvalenze entro i successivi 5 anni, altrimenti verrebbe perso. E sarebbe un vero peccato, dato che il 3,74% inciderebbe per quasi un quinto dell’intero rendimento netto dell’investimento cumulato nei 14 anni, “mangiandosene” oltre 3 anni. Questo è il potenziale problema di qualsiasi bond acquistato a livelli molto più alti della pari.

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