Oggi, analizziamo il BTp 1 settembre 2050 e cedola 2,45% (ISIN: IT0005398406), emesso per la prima volta e con grande successo nel gennaio scorso, quando il Tesoro riscosse ordini per 47 miliardi di euro attraverso il collocamento sindacato, a fronte dei 7 miliardi offerti, esitando un rendimento del 2,50%, dato che il prezzo di emissione si attestò poco sotto la pari. Diciamo subito che parliamo di fatto del nuovo “benchmark” a 30 anni. Oggi, invece, quel bond viaggia nettamente sopra la pari, per l’esattezza a 1,045.

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Immaginiamo che vogliamo investire 10.000 euro su questa scadenza.

Iniziamo ad analizzare i costi immediati dell’operazione. Come detto, il titolo quota sopra la pari, il che significa che dobbiamo spendere più del suo valore nominale. Nel caso specifico, per portarci a casa titoli per un controvalore di 10.000 euro dovremmo pagarli 10.450 euro, il 4,5% in più. Non è l’unico costo “extra” che dovremmo sobbarcarci, perché oggi è il 29 giugno e la prossima cedola verrà pagata in data 1 settembre. Chi ci vende il bond si tratterrà, pertanto, il rateo relativo al periodo di maturazione della cedola semestrale fino alla giornata odierna.

Infatti, il BTp 2050 ci consentirà a inizio settembre di incassare l’intera cedola semestrale, nonostante lo abbiamo acquistato solamente 64 giorni prima. Il rateo è calcolato sulla cedola dell’1,2250% (2,50% annuale diviso due), che in valore assoluto sui 10.000 euro nominali equivale a 122,50 euro. Da questa somma va detratta la percentuale che va dall’1 marzo scorso (data di maturazione della prima cedola) ad oggi – 120 giorni sui 184 totali, pari al 65% dell’1,2250%, che in valore assoluto fanno 73,40 euro.

E c’è l’imposta di bollo

Dunque, la spesa effettiva da sostenere per l’acquisto del BTp settembre 2050 sarebbe di 10.523,40 euro, chiaramente al netto delle commissioni bancarie, dovute per l’intermediazione. Tuttavia, come dicevamo, a settembre incasseremmo la cedola semestrale per intero, per cui il rateo versato al venditore sarebbe solo un anticipo pro-quota.

I 122,50 euro di cedola, rapportati all’investimento di 10.450 euro, farebbero l’1,17% lordo. Di questi, il 12,50% se ne andrà in tasse, per cui il rendimento netto effettivo equivarrebbe a circa l’1,026%. Moltiplicando i valori trovati per due, tante quante sono le cedole incassate nell’anno, otterremmo un rendimento netto effettivo del 2,05%, invidiabile di questi tempi.

Non è finita, perché per investire in assets finanziari è necessario aprire un conto titoli, soggetto a un’imposta di bollo annua dello 0,20% del controvalore di mercato in portafoglio. Per semplicità di calcolo, immaginiamo che il BTp settembre 2050 resti stabile a una quotazione di 104,50, per cui al termine del primo trimestre successivo all’investimento (al 30 settembre 2020) sborseremmo un quarto della suddetta aliquota (0,05%) sui 10.450 euro di cui sopra, cioè 5,2250 euro. E alla fine dell’anno, dovremmo scontare un simile costo, per cui il balzello salirebbe a 10,45 euro. E così, sempre sotto l’ipotesi di prezzi stabili, per i successivi trimestri. Nel giro di 12 mesi, avremo pagato 20,90 euro.

Il rendimento netto effettivo annuale scenderebbe ancora all’1,85%, cioè incasseremmo cedole per complessivi 245 euro lordi o circa 214 euro netti, pagando altri quasi 21 euro di imposta di bollo, per un flusso netto di redditi pari a circa 193,50 euro. E così fino alla scadenza, quando lo stato ci rimborserebbe 10.000 euro, anziché i 10.450 euro spesi. Quella minusvalenza del 4,3% (4,50/104,50) dovremmo spalmarla, quindi, sull’intero periodo di investimento, che sarebbe di circa 30 anni e 2 mesi, abbassando il nostro rendimento di un altro 0,14% su base annua, il quale scenderebbe in area 1,70%. Affatto male di questi tempi, probabilmente riuscirebbe anche a coprire in toto l’inflazione media nel trentennio, ammesso che nel lungo periodo non si abbiano accelerazioni o brusche cadute rispetto ai tassi di questi anni.

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