E’ davvero un brutto momento per la Turchia, dove il cambio continua ad arretrare di seduta in seduta, toccando nuovi minimi storici contro il dollaro. Da inizio anno, perdeva ieri quasi il 19%. La banca centrale non starebbe più difendendo la lira turca a colpi di vendite di assets in valute straniere, anche perché la loro entità si è pericolosamente assottigliata a livelli netti negativi. Di questo passo, l’istituto potrebbe presto trovarsi a corto di dollari per consentire alle imprese di importare beni e servizi.

Dallo scorso anno, si stima che banca centrale e banche statali domestiche abbiano venduto assets per 110 miliardi di dollari per difendere il cambio.

Fuga record dai bond della Turchia. E dopo le parole del governatore sarà peggio

E cadendo la lira, il mercato obbligazionario segue a ruota. Il rendimento decennale sovrano ieri saliva al 14,38%, ai massimi dall’aprile scorso, segnando un rialzo di quasi 200 punti base rispetto ai minimi toccati a giugno. Male anche il biennale, impennatosi di quasi 500 punti base in appena un paio di mesi al 12,89%, ai massimi dall’ottobre 2019.

Il boom dei rendimenti sconta sia la ripresa dell’inflazione che l’atteso rialzo dei tassi. La prima si è portata al 12,62% a giugno, scendendo all’11,76% a luglio, pur restando sempre sopra l’8,25% del costo del denaro.

Tassi di nuovo in crescita?

Quest’ultimo è stato abbassato dall’apice del 24% toccato a fine 2018 per combattere proprio l’esplosione dei prezzi.

Dunque, i tassi reali turchi restano profondamente negativi e per questo i mercati stanno attendendosi un loro aumento al 10,75% nominale per la fine dell’anno, cioè a +150 bp rispetto ad oggi. Sarebbe un inedito per il governatore Murat Uysal, che lo scorso anno è stato nominato dal presidente Recep Tayyip Erdogan per sostituire Murat Cetinkaya alla guida dell’istituto, al fine di accelerare l’allentamento monetario in corso.

Ed effettivamente, il nuovo governatore ha seguito e assecondato fin troppo i desiderata del governo, ma finendo per far andare a sbattere l’economia turca, con un surriscaldamento dei prezzi interni alquanto eccezionale di questi tempi nel mondo. Quasi ovunque, infatti, l’inflazione negli ultimi mesi si è abbassata per il tracollo delle quotazioni del petrolio, in particolare.

I bassi tassi hanno smesso da tempo di sostenere il mercato obbligazionario domestico, al contrario traducendosi in una spirale negativa per i bond, proprio a causa del surriscaldamento delle aspettative d’inflazione e per la fuga dei capitali esteri, ormai risibili sui timori per un collasso finanziario della Turchia, a distanza di appena due anni dall’ultima crisi del cambio. Le prospettive per i bond rimangono negative fino a quando non sarà stato toccato il punto più basso per la lira turca. A patirne le conseguenze anche i titoli emessi in dollari: il decennale 2030 con cedola 11,875% (ISIN: US900123AL40) ha perso quasi il 10% in 2 mesi, il biennale 2025 e cedola 7,375% (ISIN: US900123AW05) ha ceduto il 7%. Adesso, offrono rispettivamente il 7,24% e il 7,43%, 714 e 582 bp più bassi degli omologhi in valuta locale.

Come la Turchia sta scivolando verso una nuova grave crisi finanziaria

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