Non l’ha presa per niente bene il mercato riguardo l’allarme lanciato in Parlamento dal ministro delle Finanze, Tito Mboweni, sui conti pubblici. Mercoledì scorso, egli non solo ha rivisto al rialzo dal 4,5% previsto a febbraio e dal 3,9% del 2018 al 5,9% il deficit sul pil per l’anno fiscale in corso, ma ha anche aggiunto che il debito pubblico sudafricano starebbe crescendo in misura “insostenibile”, annunciando alcune misure di risanamento fiscale con tagli alla spesa pubblica per 21 miliardi di rand nel 2020/2021 e di altri 29 miliardi per all’anno successivo.

Poco per sperare in un cambio di passo. E di fatto, la reazione degli investitori è stata cruenta, scatenando un “sell-off” ai danni del cambio e delle obbligazioni di stato.

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I rendimenti a 10 anni si sono impennati dall’8,16% prima del discorso di Mboweni all’8,72% di ieri mattina, ai massimi dal febbraio scorso; quelli a 2 anni sono passati dal 6,63% al 6,74%. Quest’anno, i primi risultano leggermente scesi di circa 8 punti base, i secondi esplosi di 74 bp, per cui la curva delle scadenze si è di molto appiattita, risentendo delle cattive notizie sul fronte dell’economia. Infatti, in sede di presentazione del nuovo bilancio, lo stesso governo ha rivisto al ribasso le stime di crescita dal precedente +1,5% allo 0,5% per quest’anno. Nemmeno il rand è stato risparmiato dalle vendite, perdendo complessivamente il 3,5% dopo il discorso e ampliando le perdite contro il dollaro al 7,3%, tornando a superare la soglia di 15:1 per il cambio.

Il Sudafrica ha un problema non da oggi con l’economia. Nell’ultimo decennio, è cresciuto mediamente dell’1,7% all’anno, mentre il debito è aumentato al ritmo del 7,5%, quasi 5 volte più veloce. Quest’anno, poi, sul deficit grava anche il salvataggio statale di Eskom da 138 miliardi di rand (circa 2,5 punti di pil), la compagnia elettrica nazionale.

Unico conforto: l’inflazione. Al 4,1% a settembre, si colloca nella parte medio-bassa del range-obiettivo del 3-6% fissato dalla Reserve Bank of South Africa, dandole un minimo di margine per potere eventualmente tagliare i tassi, ad oggi al 6,50%. Tuttavia, dati i livelli di rendimento a breve, non sembra che il mercato si aspetti un allentamento monetario, anche perché con il rand debole non sarebbe una mossa accorta.

Rischio sovrano in rialzo

Il Sudafrica paga le diatribe commerciali con gli USA. Non è un mistero che il presidente Donald Trump non abbia in simpatia il governo di Pretoria, tanto da avere twittato tempo fa contro l’ipotesi ventilata dal presidente Cyril Ramaphosa di espropriare le terre in possesso della minoranza bianca, a ristoro delle ingiustizie subite circa un secolo fa dalla popolazione nera. Ramaphosa prese il posto di Jacob Zuma agli inizi dello scorso anno e con oltre un anno di anticipo rispetto alla scadenza del mandato, essendo stato l’ex presidente detronizzato dalla sua stessa maggioranza, quell’African National Congress di Nelson Mandela, a seguito di svariati scandali e accuse di corruzione, oltre che per la cattiva gestione dell’economia.

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Il cambio di passo tarda ad arrivare e alle elezioni generali del maggio scorso, l’ANC ha ottenuto il più basso risultato dalla fine dell’apartheid, il 57,50% dei consensi. In questo clima, difficile consigliare di investire sull’obbligazionario sudafricano. Stasera, Moody’s dovrà annunciare la sua decisione sul rating, ovvero se confermare l'”outlook” a “stabile” o abbassarlo a “negativo” o, molto improbabile, alzarlo a “positivo”. L’agenzia è l’unica tra le grandi a tenere il Sudafrica tra gli emittenti “investment grade”, assegnando al suo debito sovrano il giudizio “Baa3”, mentre per S&P è “BB” e per Fitch “BB+”, rispettivamente secondo e primo gradino più alto per gli emittenti “speculativi”.

Se Moody’s dovesse peggiorare l'”outlook” a “negativo”, il rating sudafricano andrebbe “under review” per 90 giorni, a seguito dei quali l’agenzia dovrebbe emettere la decisione se declassarlo o mantenerlo stabile.

La perdita del giudizio “investment grade” sarebbe non solo umiliante per l’economia emergente più industrializzata dell’Africa, quanto anche rischiosa per la sua capacità di rifinanziarsi sui mercati a costi sostenibili, visto che parecchi investitori istituzionali, fondi per primi, non potrebbero più per statuto comprare il suo debito. La speranza è che le parole dure di Mboweni prefigurino una presa d’atto piena dei rischi fiscali corsi e che il governo reagisca con misure appropriate per risanare i conti pubblici e rianimare l’economia con la creazione di un clima più “business friendly”.

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