E’ stata una giornata molto importante ieri per l’Arabia Saudita. Per la seconda volta nella sua storia, il regno ha collocato sul mercato debito denominato in euro. La prima volta era avvenuto nel 2019, quando raccolse 3 miliardi, a fronte di ordini per 14,5 miliardi. Stavolta, l’emissione è stata più contenuta. L’obiettivo iniziale era di raccogliere 2 miliardi, ma alla fine Riad ha optato per stringere a 1,5 miliardi, preferendo puntare sui bassi costi di finanziamento. Gli ordini sono stati pari a 3,75 miliardi, 2,5 volte superiori.

Ad essersi occupati dell’operazione sono stati BNP Paribas, Citi, Goldman Sachs, JP Morgan, Samba Capital e Standard Chartered.

I bond sauditi fanno gola con questi rendimenti e un Brent salito già del 25% quest’anno

Due le tranche emesse: una a 3 anni da 1 miliardo e una a 9 anni da 500 milioni. La prima ha esitato un rendimento lordo del -0,057%, cioè di 40 punti base sopra il tasso “midswap”. La seconda costerà al regno lo 0,646% all’anno, 70 punti base sopra il tasso “midswap”. In entrambi i casi, gli spread sono scesi di 20 punti rispetto alla “guidance”.

Dunque, un grande successo. Non sembrava immaginabile che l’Arabia Saudita fosse capace di rifinanziarsi a costi negativi sul tratto a breve. Invece, complice la fame di “yield” sul mercato, è accaduto. Non era scontato, dato il tendenziale rialzo dei rendimenti un po’ ovunque. L’emissione aiuterà il regno a diversificare la sua fonte di approvvigionamento dei capitali, rafforzando il legame con gli investitori europei.

Trend positivo grazie al petrolio

Si è trattato per Riad della seconda emissione sui mercati internazionali di quest’anno. A gennaio, erano stati raccolti 5 miliardi di dollari, a fronte di ordini per oltre 20 miliardi. In tutto, Goldman Sachs stima che il paese possa dover ricorrere a emissioni in valute estere per 10 miliardi di dollari nell’arco del 2021. Se così fosse, già avrebbe raccolto oltre i due terzi del suo fabbisogno.

Nuovo bond saudita in dollari, tante le ragioni per scommettere sul debito del regno

La prima emissione in euro riguardò due tranche, di cui una a 8 anni e l’altra a 20. La prima scade il 3 febbraio 2027 e ha cedola 2,5% (ISIN: XS2109766126). Oggi, offre un rendimento dell’1,63% e nell’ultimo anno si è apprezzata del 3,5%. La seconda cade il 9 febbraio 2039 e ha cedola 2% (ISIN: XS2024543055). Rende l’1,62% e nell’ultimo anno ha perso il 3,1%. Come potete verificare, la curva si mostra leggermente invertita, segno che il mercato sconti difficoltà a medio termine per l’economia saudita, la quale effettivamente negli ultimi mesi ha risentito del tracollo dei prezzi petroliferi.

Nel 2020, il PIL è sceso del 3,9% e il deficit è esploso al 12%. Nelle ultime settimane, l’outlook sta migliorando con il rialzo delle quotazioni del greggio. Per ogni dollaro in più a cui esso viene venduto sui mercati, il regno incassa non meno di 3 miliardi in un anno. Considerate che da inizio 2021, il Brent è salito di circa 15 dollari. In un anno, farebbero 45 miliardi, circa il 5,5% del PIL. Ed è da questo punto di vista che i bond in euro appaiono interessanti, non già per i loro rendimenti risibili, quanto per le chance di crescita dei prezzi, che equivarrebbe a un probabile restringimento degli spread rispetto ai tassi europei. Le scadenze più lunghe offrono le migliori opportunità d’investimento tra rendimenti già nettamente positivi e alta “duration”, che consente di maturare buone plusvalenze nel caso di discesa dei rendimenti.

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