Non è un bond ordinario e il suo funzionamento, in effetti, ne rivela le peculiarità. Veragold è una società americana attiva nell’estrazione dell’oro a Panama. Le sue miniere ne dispongono per 1,1 milioni di once, di cui 122.000 esibiscono un costo operativo di appena 350 dollari per oncia, molti meno dei 725 necessari per estrarre il resto dello stock. Grazie a questi costi relativamente bassi, la società ha pensato bene di procedere a una quotazione secondaria presso la Borsa di Francoforte della sussidiaria tedesca Veragold Mining Company GmbH, con l’obiettivo di attirare capitali dalla Germania e l’Austria principalmente e, in particolare, da quel segmento di investitori interessati all’oro e non propensi a puntare sulle piazze finanziarie di USA o Canada.

Malgrado le difficoltà tecniche, alla fine Veragold è riuscita nell’intento di rifinanziarsi anche attraverso l’emissione di obbligazioni particolari, non le classiche “plain vanilla”. Nel marzo dello scorso anno, la sussidiaria tedesca ha emesso un bond con scadenza a fine 2022 (ISIN: DE000A2TR091) e che presenta una struttura peculiare. Alla data del rimborso del capitale, l’obbligazionista otterrà certamente un tasso d’interesse annuo del 5%, moltiplicato per gli anni che vanno dall’emissione alla scadenza.

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La scommessa sul prezzo dell’oro

Tuttavia, si procederà anche a un secondo calcolo, vale a dire alla differenza tra le quotazioni in euro dell’oro alla scadenza e quelle alla data di emissione. La società erogherà all’obbligazionista la somma più alta tra questa differenza e gli interessi sopra menzionati. Facciamo un esempio per capirci meglio. Immaginiamo che in data 31 dicembre 2022, quando il bond scade, l’oro quoti 1.600 dollari l’oncia e il cambio euro-dollaro sia di 1,25. Un’oncia varrà, quindi, 1.280 euro, che si confronta con i 1.150 euro alla data di emissione.

Il guadagno per l’obbligazionista sarebbe di 130 euro l’oncia, cioè di circa l’11%, meno del 5% annuo garantito, per cui gli verranno corrisposti gli interessi.

Se, per ipotesi, alla scadenza l’oro quotasse 1.600 euro, pari a un guadagno di quasi il 40%, essendo questa percentuale superiore al tasso d’interesse annuo del 5% garantito per i 3 anni e 9 mesi dell’investimento, verrebbe corrisposta la differenza tra i prezzi, anziché l’interesse. In un certo senso, si tratta di un titolo che mette assieme le caratteristiche salienti di un’obbligazione, prevedendo un reddito fisso, e quelle di un’azione, consentendo all’investitore di partecipare ai rialzi dei prezzi della materia prima. In pratica, come se si acquistasse un’opzione call e senza nemmeno pagare il relativo premio, anzi godendo del paracadute di un’alternativa certa e redditizia.

Al momento, la quotazione dell’oro viaggia sui 1.395 euro, pari a un guadagno teorico di oltre il 21%, di poco superiore al monte-interessi riconosciuto alla scadenza. Il titolo quota poco sopra la pari (100,6), risentendo probabilmente della scarsa liquidità degli scambi. L’emissione, infatti, è avvenuta per soli 100 milioni di euro e la possibilità di accedere alla spedizione fisica dell’oro è stata ristretta agli investitori istituzionali con investimenti minimi di 5 milioni. In concreto, questi avranno la possibilità di ricevere l’oro a soli 1.000 euro l’oncia, indipendentemente dai prezzi vigenti alla data del rimborso. Oggi come oggi, i loro guadagni sfiorerebbero il 40%.

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