Israele terrà nuove elezioni anticipate a marzo, dopo che il Parlamento non è riuscito ad approvare in tempo il bilancio per il prossimo anno. Il nuovo governo del premier conservatore Benjamin Netanyahu di fatto finisce a pochi mesi dalla sua nascita. Il prossimo bilancio non verrà votato prima di maggio e fino ad allora sarà in vigore la legge approvata a metà 2018, oltre alle misure ad interim da allora varate. I prossimi mesi saranno in esercizio provvisorio, un po’ come accade in Italia nel caso di mancata approvazione del bilancio successivo entro la fine dell’anno.

Per quanto lo scenario possa apparire pesante, in realtà i mercati hanno festeggiato la notizia, mandando lo sheqel ai massimi da 12 anni e mezzo contro il dollaro a un tasso di cambio fino a 3,2174 nel tardo pomeriggio di ieri.

In effetti, l’esercizio provvisorio lega le mani al governo e gli impedisce di spendere più di quanto approvato con la precedente manovra finanziaria. Inoltre, la prospettiva di uno sblocco dell’impasse politica sostiene l’umore sui mercati. Fatto sta che quest’anno lo sheqel guadagna il 6% contro il dollaro. Il governatore della banca centrale, Amir Yaron, ha definito “fenomeno globale” la debolezza del dollaro, ma ha anche avvertito che continuerà a intervenire nel caso di ulteriori apprezzamenti del cambio. Quest’anno, ha già acquistato 17 miliardi di dollari di valuta straniera per contenere la forza dello sheqel, di cui 1,9 miliardi solo a novembre.

Bond in dollari da record per Israele, raccolti 3 miliardi a 10 e 30 anni

Rendimenti negativi ignoti a Tel Aviv

Dunque, il cambio israeliano sarebbe sottovalutato, in quanto tenuto artificiosamente debole dalla banca centrale. Sebbene contro l’euro abbia perso circa l’1% nel corso di questo 2020, le prospettive restano interessanti per il 2021 sul mercato obbligazionario domestico. A differenza di quasi tutti i mercati avanzati, Israele non conosce ancora i rendimenti negativi.

I suoi bond sovrani offrono rendimenti sopra lo zero lungo l’intera curva delle scadenze. Ad esempio, il biennale rende più dello 0,10%, il decennale poco meno dello 0,80%.

E quest’anno, i rendimenti israeliani non sono affatto scesi. Con la caccia al rendimento in auge già da tempo tra gli investitori di mezzo mondo, difficile ignorare questo mercato, anche perché i rischi teorici sono molto bassi. Per S&P il rating è AA-, per Fitch A+ e per Moody’s A1. Parliamo di livelli sensibilmente migliori di quelli italiani, una via di mezzo tra Sud Europa e “porti sicuri”. Nel frattempo, chi avesse investito in questi anni nei titoli in valuta locale a lunga scadenza, oggi porterebbe a casa risultati a doppia cifra. Ad esempio, dalla sua emissione nel 2017, il bond trentennale 31 marzo 2047 e cedola 3,75% (ISIN: IL0011401937) si è apprezzato di oltre il 35%, a fronte di un indebolimento dello sheqel contro l’euro di appena circa l’1,6%. Ma sul debito di Tel Aviv si può investire anche senza esporsi al rischio di cambio. La scadenza in euro 3 luglio 2069 e cedola 2% (ISIN: XS2022179662) offriva ieri l’1,36%, anche se risulta in lieve calo dalla sua quotazione di settembre. Quella in dollari a 100 anni e con cedola 4,50% (ISIN: US46513JB593), invece, guadagna oltre il 25% dalla sua quotazione di aprile e offre oggi un rendimento di poco inferiore al 3,20%.

Gli Eurobond di Israele sono andati a ruba e a 100 anni hanno rendimenti interessanti

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