Anche Israele sta fronteggiando l’emergenza Coronavirus e il premier Benjamin Netanyahu, reduce da una vittoria elettorale che finalmente gli consentirà di continuare a governare, ha promesso stimoli fiscali per 80 miliardi di shekel, pari a 20 miliardi di euro. Il deficit per quest’anno salirà almeno al 7% del pil, il più alto di questo secolo. E così, nei giorni scorsi Tel Aviv è tornata a rifinanziarsi sui mercati emettendo bond in euro per complessivi 700 milioni. In particolare, ha emesso obbligazioni con scadenza gennaio 2024 per 500 milioni e altre con scadenza nel gennaio 2029 per 200 milioni.

Le prime hanno esitato un rendimento dello 0,8%, le seconde dello 0,99%.

Bond in dollari da record per Israele, raccolti 3 miliardi a 10 e 30 anni

Ma la parte più interessante è arrivata con l’emissione di Eurobond per 5 miliardi di dollari. Per Eurobond s’intendono titoli di stato dal taglio internazionale, cioè rivolti agli investitori stranieri a condizioni standard. E sono stati collocati 2 miliardi di titoli a 10 anni a un tasso d’interesse del 2,75%, 2 miliardi a 30 anni e al tasso del 3,875% e 1 miliardo a 100 anni al tasso del 4,50% (ISIN: US46513JB593). Gli ordini sono stati complessivamente di 25 miliardi, 5 volte gli importi offerti, arrivati da 400 investitori di 40 stati, tra cui USA, Germania e Regno Unito. Naturale che la domanda fosse solida, dati i rendimenti relativamente elevati, a fronte di un merito creditizio molto solido. Il debito sovrano israeliano gode del rating “AA-” per S&P, “A1” per Moody’s e “A+” per Fitch.

Si è trattata della più grande emissione di sempre per lo stato di Israele, per cui l’esito di successo ha confermato la fiducia del mercato verso la robustezza dell’economia e delle finanze statali. E per Israele è stata anche la prima volta che chiedeva capitali su una scadenza lunga un secolo, quella che suscita certamente il maggiore interesse per la sua durata peculiare e il tasso allettante.

Nel 2017, l’Austria si è aggiunta al minuto gruppo di paesi che aveva già emesso bond secolari (Belgio e Irlanda), ma offrendo una cedola di appena il 2,10%. Lo scorso anno, a seguito della corsa ai “safe assets” e alla caccia al rendimento sul mercato, il titolo si è impennato, arrivando a prezzare sul secondario fino a oltre il doppio del valore nominale nel corso del mese passato, salendo a un prezzo massimo di circa 210 e offrendo così un rendimento intorno o inferiore al mezzo punto percentuale.

Bond Israele a 100 anni al 4,50%

Pertanto, l’emissione alla pari del bond di Israele a 100 anni e con cedola 4,50% appare un’occasione fin troppo ghiotta. Il titolo scade il 3 aprile del 2120 e comporta, oltre all’ordinario rischio di credito piuttosto basso per un emittente come Tel Aviv, uno di cambio per noi investitori dell’Eurozona, essendo stato denominato in dollari USA. Non sarebbe nemmeno immaginabile il tasso di cambio euro-dollaro alla scadenza del bond, né forse ci importerebbe granché, visto che a riscuoterlo sarebbero le future generazioni. Pertanto, questo impiego di liquidità andrebbe considerato utile per essere disinvestito negli anni, qualora il combinato tra quotazione e cambio si mostrasse favorevole.

Ad ogni modo, anche scontando un deprezzamento del dollaro contro l’euro a doppia cifra nel lungo periodo (è atteso nell’ordine dell’11% da qui a 10 anni, stando allo spread Treasury-Bund), il rendimento effettivo resterebbe allettante, a meno che la quotazione non giocasse un brutto scherzo, a seguito di un deterioramento della posizione fiscale di Israele. Lo scorso anno, il paese ha chiuso con un debito al 60% del pil, per cui è da considerarsi un emittente relativamente sicuro. Da adocchiare positivamente anche le scadenze più corte, come il trentennale o il decennale appena emessi, la cui volatilità risulta più bassa, esponendo a minori rischi nel caso di disinvestimento anticipato, pur a fronte di rendimenti anch’essi minori, per quanto ugualmente apprezzabili di questi tempi.

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