Il mercato obbligazionario turco alletta gli investitori di tutto il mondo, molti dei quali se ne tengono alla larga sui timori per la politica sempre più dirigistica del governo di Ankara, con spazi di autonomia della banca centrale sempre più ristretti. L’istituto ha tagliato i tassi nei giorni scorsi, abbassandoli di un altro mezzo punto percentuale, cioè al 10,75%. Considerando che l’inflazione a gennaio superasse il 12%, i tassi reali turchi sono ridiventati negativi, cosa che non sta facendo bene al cambio, con la lira ad avere perso quest’anno contro il dollaro il 3,25%, salendo a un rapporto record di 6,15.

Bond in lire turche, banche chiedono più emissioni a 10 anni

Anziché esporsi direttamente, si potrebbe scommettere sui titoli in lire turche tramite le emissioni sovranazionali. Sul Mercato obbligazionario Telematico in Italia ve ne sono diverse e oggi vi proponiamo le quattro relative al 2022. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha emesso circa un anno e mezzo fa un bond con cedola fissa al 23% e scadenza marzo 2022 (ISIN: XS1879224373), la cui quotazione si attestava ieri sopra 118, offrendo così un rendimento lordo del 12%. Da novembre, il titolo ha perso quasi il 7%, risentendo negativamente proprio della svolta monetaria espansiva della banca centrale, che a sua volta ha indebolito il cambio dopo mesi di recupero.

Scade sempre a marzo del 2022 il bond della Banca Europea per gli Investimenti, cedola fissa 10% (ISIN: XS1574041999) e che a differenza del precedente, quota sotto la pari, in area 98 centesimi, rendendo così l’11,20%. Anche questo titolo ha ripiegato, ma essenzialmente nelle ultime due settimane e per circa il 5%. A seguire abbiamo il bond sostenibile della Banca Mondiale a tasso fisso 8,25% (ISIN: XS1198022706), anch’esso in scadenza a marzo 2022. Quota decisamente sotto la pari, in area 96,50, offrendo un rendimento del 10,34%.

Rischio cambio elevato

Infine, il bond emesso dall’International Finance Corporation, del gruppo Banca Mondiale.

Ha cedola fissa del 10,40% e scade a fine giugno 2022 (ISIN: XS1637357846), con una quotazione appena sopra la pari, offrendo esattamente lo stesso rendimento del precedente, cioè il 10,34%. Da questi dati, emerge lampante il rendimento ben più elevato del bond BERS, il quale non è certamente frutto di un maggiore rischio di credito. Semmai, il problema è la scarsa liquidità degli scambi sul secondario, essendo queste obbligazioni state emesse per appena 100 milioni di lire turche (15 milioni di euro) e risultando negoziate mediamente in un mese per meno di un millesimo del totale.

Dunque, chi ha acquistato i titoli della BERS non li starebbe rivendendo, tenendosi stretta la maxi-cedola del 23%. In effetti, questa emissione è avvenuta nel bel mezzo della tempesta finanziaria che travolse nel 2018 sia la lira che i bond turchi. Questi ultimi stanno deprezzandosi nelle ultime settimane per quanto sopra accennato. La scadenza a 2 anni del governo di Ankara offriva ieri più dell’11,80%. Per quanto elevati, i livelli di rendimento non paiono significativamente superiori a quelli medi offerti dagli organismi internazionali, a conferma che la Turchia goda di un rischio sovrano percepito assai basso, mentre il suo problema riguarda essenzialmente il cambio.

Investire in bond in lire turche conviene?

Nell’ultimo decennio, contro l’euro ha perso oltre i due terzi del suo valore, pari a un indebolimento annuo del 5,4%, di poco inferiore al 5,8% esibito contro il dollaro. Se i ritmi del deprezzamento rimanessero tali, il rendimento effettivo sulle suddette scadenze nel 2022 sarebbe non inferiore al 5% e fino a circa il 6,50%. Ma il rischio cambio con la lira turca è cosa molto seria, specie negli ultimi due anni. La scarsa indipendenza della sfera monetaria da quella politica incrina la fiducia dei mercati verso una delle principali economie emergenti al mondo, esponendo la lira alla volatilità. Il resto lo fanno le tensioni geopolitiche, che vede la Turchia al centro di un’area “calda” del pianeta e alle prese con crescenti difficoltà relazionali sia con gli USA che con l’Europa.

[email protected]