Tra i mercati obbligazionari emergenti sicuramente più remunerativi troviamo la Nigeria, se è vero che ancora oggi, malgrado i forti cali delle ultime settimane, i rendimenti a 2 anni viaggiano sopra il 3,30% e quelli a 10 anni sfiorano il 9%. Ieri, però, è arrivata una prima mazzata dalla banca centrale di Lagos: il governatore Godwin Emefiele ha svalutato il naira del 5,5%, portando il tasso di cambio contro il dollaro da 360 a 380,50. La ragione di questa misura è facile da capire. La Nigeria è un’economia che per l’85% esporta petrolio e gas, i cui prezzi sui mercati internazionali sono implosi quest’anno.

E così, da un saldo commerciale attivo, il paese africano rischia di chiudere l’anno con un disavanzo piuttosto elevato, potenzialmente anche del 4% rispetto al pil, se è vero che le esportazioni petrolifere sono attese dal governo dimezzato, crollando di circa 26,5 miliardi di dollari.

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Il problema della Nigeria è che adotta un tasso di cambio fisso, non libero di muoversi sui mercati e di indebolirsi come dovrebbe. Ecco, quindi, che le importazioni in questa fase di crisi non seguono lo stesso trend delle esportazioni, per cui la bilancia commerciale si squilibra, prosciugando le riserve valutarie, scese a giugno a 36,2 miliardi. Al momento, non appaiono a livelli allarmanti, ma appena sufficienti a consentire al paese di commerciare con il resto del mondo per circa metà anno.

La svalutazione di ieri non dovrebbe bastare a porre rimedio, tanto che sul mercato nero un dollaro lo si acquista per 460 naira. Un cambio atteso ancora più debole non depone a favore degli investimenti in assets denominati in valuta locale, per cui diremmo che per il momento l’obbligazionario sovrano nigeriano dovrebbe essere off-limits per la finanza straniera, almeno fino a quando non si percepirà che abbia toccato il fondo.

I rischi dei bond in dollari

In realtà, a dover preoccupare sarebbero anche i bond denominati in dollari USA e con scadenze brevi. Prendiamo le obbligazioni in scadenza nel gennaio prossimo e con cedola 6,375% (ISIN: XS0944707222). Prezzano in area 101,35 e offrono un rendimento del 4,25%. Il titolo giugno 2022 e cedola 5,625% (ISIN: US65412AEK43) quota sopra la pari e attualmente rende meno del 5%. Infine, il bond febbraio 2032 e cedola 7,875% (ISIN: XS1566179039) offre l’8,85%. In questo terzo caso, il premio rispetto al Treasury di simile durata si aggira intorno agli 800 punti base, abbastanza alto da compensare il rischio sovrano, mentre per le scadenze più brevi viaggia sui 410 e 475 punti base rispettivamente.

Di per sé, i rendimenti appaiono sufficientemente elevati, anche perché tali bond non corrono il rischio di svalutazione del naira. In realtà, essendo denominati in valuta americana, nel caso di maxi-svalutazione diverrebbero più difficili da rimborsare per Lagos, mentre se non vi fosse alcuna svalutazione ulteriore la banca centrale accuserebbe un assottigliamento delle riserve a livelli incompatibili con il mantenimento delle relazioni commerciali e/o con l’ottemperanza degli obblighi verso i creditori esteri. Solo un’improvvisa accelerazione delle quotazioni energetiche internazionali farebbe affluire una maggiore quantità di dollari, mitigando il rischio sovrano a medio termine. E uno scenario del genere attualmente non viene scontato dal mercato. Le agenzie di rating del resto parlano chiaramente, assegnando al debito sovrano nigeriano il giudizio di “B-” nel caso di S&P, “B” di Fitch e “B2” di Moody’s.

I bond alle stelle della Nigeria offrono rendimenti elevati e restano rischiosissimi

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