Per la prima volta da inizio settembre, il rendimento a 10 anni del bond governativo australiano rivede la soglia dell’1%. E la scadenza a 30 anni offre per la prima volta dal marzo scorso il 2%. Nell’ultima settimana, sia l’uno che l’altro rendono circa un quarto di punto percentuale in più. E questo mese il dollaro australiano, noto in gergo come aussie, ha guadagnato poco meno del 4% contro il dollaro americano, salendo a un tasso di cambio di 0,73.

L’economia australiana è andata in recessione per la prima volta dal 1991 quest’anno, a causa dei contraccolpi accusati per via della pandemia.

La Reserve Bank of Australia ha quasi azzerato i tassi d’interesse, tagliandoli allo 0,10%. Il PIL è esposto particolarmente alla Cina, dato che Canberra vende a Pechino le sue materie prime, le quali incidono su grossa parte delle sue esportazioni.

Australia in recessione per la prima volta dal 1991 e ci dice che andrà tutto bene

Il rialzo dei rendimenti sovrani è stato dettato nelle ultime sedute da due novità positive per l’outlook domestico. La prima riguarda la possibile commercializzazione sin dai prossimi mesi del vaccino di Pfizer-BioNTech contro il Covid. Più si avvicina la fine prevedibile di questo incubo sanitario globale, maggiore la propensione al rischio sui mercati. E i titoli di stato australiani, che hanno rating AAA, ne risentono negativamente.

Schiarite geopolitiche e finanziarie

Secondariamente, le elezioni presidenziali americane avrebbero decretato la vittoria del candidato democratico Joe Biden, sebbene il presidente uscente Donald Trump stia tentando ricorso per presunti brogli. Le attese minori frizioni commerciali tra USA e Cina giocano a favore dell’economia australiana, che in questi mesi è stata oggetto di ritorsioni cinesi (vedi il vino) per l’appoggio che il governo di Scott Morrison ha offerto alla Casa Bianca sulle dispute con Pechino.

Altro aspetto favorevole è dato dall’assenza di una seconda ondata di contagi, anche perché nell’emisfero meridionale le temperature si stanno alzando per via dell’ingresso nella stagione estiva.

Dunque, gli investitori stanno tornando a comprare azioni, con l’indice della borsa locale ad essersi riportato ai massimi da febbraio, vendendo obbligazioni. E’ la spia di un’incipiente normalizzazione sui mercati finanziari, almeno in quella parte del pianeta in cui non si temono nuovi lockdown. A conferma di quanto stiamo asserendo, si guardino i rendimenti a 100 anni dell’Austria, divenuto il termometro di questa fase di tensioni e paure. Il bond giugno 2120 e cedola 0,85% (ISIN: AT0000A2HLC4) perde il 10% nell’ultima settimana, un po’ come l’altro titolo secolare, con scadenza nel settembre 2117 e cedola 2,10% (ISIN: AT0000A1XML2).

La fuga dai “safe assets” è una buona notizia non solo per gli investitori in sé, bensì per l’economia globale nel suo complesso, in quanto riflette minori preoccupazioni verso il futuro. E tornando ai bond australiani, tra rendimenti adesso nettamente superiori a quelli italiani e cambio in apprezzamento, varrebbe la pena farci una capatina per captare qualche possibile occasione sul tratto medio-breve della curva, quello meno esposto alla volatilità nel caso di rivendite anticipate. Sul tratto medio-lungo, invece, converrebbe puntare solo se si ha la possibilità di tenere il titolo in portafoglio fino alla scadenza, sperando che il cambio nel frattempo non tradisca.

Mercato australiano più appetibile dopo gli ultimi annunci della banca centrale

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