Era soltanto il mese di novembre del 2020, quando il Perù emetteva il suo primo bond a 100 anni con grande successo sui mercati internazionali. L’obbligazione denominata in dollari debuttò con un rendimento del 3,23%, la più bassa di sempre per un paese emergente su questa scadenza. Il titolo verrà rimborsato in data 28 luglio 2121 (ISIN: US715638DR09). Venerdì scorso, la quotazione risultava scesa sotto 83,50 centesimi, offrendo così un rendimento del 4,07%.

La settimana scorsa, il Perù ha tenuto il primo turno delle elezioni presidenziali e per i cittadini è stato uno choc scoprire che al ballottaggio andranno il semi-sconosciuto Pedro Castillo e Keiko Fujimori.

Il primo è un insegnante a capo di Peru Libero, una formazione di estrema sinistra. La seconda è figlia di Alberto Fujimori, ex presidente in carcere per corruzione e violazione dei diritti umani, a capo di Forza Popolare, un partito dell’ultra-destra. Il bond a 100 anni ha prima proseguito la discesa e successivamente dato vita a una netta risalita ai livelli pre-elettorali.

Chissà se nella mente degli obbligazionisti vi sia quanto accaduto nel confinante Ecuador, dove lo stesso giorno del voto in Perù si teneva il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Ebbene, contrariamente a tutte le previsioni a vincere è stato il candidato conservatore Guillermo Lasso. La vittoria del socialista Andrés Arauz era data per scontata, anche sulla base dei flussi di voti al primo turno. Ma ogni nazione fa storia a sé. Castillo si ispira al “chavismo” venezuelano e al castrismo cubano: mano forte dello stato nell’economia e opposizione all’aborto e alle nozze gay. Inoltre, è un nazionalista e crede che parte del territorio boliviano spetti al Perù. Fujimori si mostra più rassicurante per gli investitori, proponendosi come un difensore del libero mercato, pur con una guida forte dello stato.

La polarizzazione politica colpisce il bond a 100 anni

Ella ha coniato il termine “demodura” per definire la sua politica, cioè un mix di democrazia e mano dura dello stato.

 Del resto, non che il bond a 100 anni nacque sotto buoni auspici. Venne emesso a distanza di pochi giorni dalla successione alla presidenza di ben tre uomini diversi. Dopo che il presidente Martin Vizcarra era stato rimosso dal Congresso per corruzione, il suo sostituto rimase al potere per appena una settimana, dovendosi dimettere sulle imponenti manifestazioni di piazza, lasciando il posto a un terzo uomo.

E lo stesso Vizcarra era arrivato alla presidenza in qualità di vice di Pablo Kuzcynski, dimessosi nel 2018 sempre sulle accuse di corruzione rivoltegli. In pochi decenni, tre presidenti sono finiti in prigione per gli stessi reati, un altro si è suicidato per evitare gli arresti. E la stessa Fujimori è stata scarcerata a febbraio dopo essere finita dietro le sbarre per l’affare Odebrecht, la società brasiliana delle costruzioni al centro di una gigantesca storia di tangenti internazionali. In sostanza, il bond a 100 anni ne ha già viste di ogni in appena cinque mesi di vita. E chissà quante vicissitudini vivrà sulla sua pelle da qui alla scadenza.

Per il resto, il Perù è un’economia gravata dalla pandemia, pur in condizioni relativamente buone rispetto al resto dell’America Latina. In fondo, il successo dell’emissione in autunno si ebbe proprio grazie alla fiducia che il bond a 100 anni seppe riscuotere tra gli investitori. L’operazione non sarebbe potuta avvenire di certo in una qualsiasi realtà dell’area. La politica è stata e resta il forte limite di Lima, anche se con il ballottaggio di giugno si arriverebbe a una polarizzazione inattesa in queste dimensioni e potenzialmente tossica proprio per le obbligazioni di stato.

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