Come sempre, quando viene emessa una sentenza di un Tribunale, gli effetti sulle pensioni possono rappresentare una vera e propria rivoluzione. E così è accaduto anche stavolta: lo scorso 20 ottobre è stata depositata una pronuncia degli ermellini della Suprema Corte di Cassazione. Precisamente la numero 27910/2025.
Con questa ordinanza si stabilisce finalmente una regola chiara su un problema che molti contribuenti hanno incontrato nel momento in cui si sono avvicinati alla domanda di pensione anticipata (ex pensione di anzianità). Un problema legato ai contributi figurativi, che spesso non erano considerati utili per consentire il pensionamento ai richiedenti. Una questione di interpretazione delle norme introdotte con la riforma Fornero.
Una riforma già di per sé restrittiva sui requisiti per l’uscita dal lavoro. E che l’INPS, come vedremo, ha interpretato per anni in modo ancora più rigido.
Novità pensioni: a 64 anni non valgono i figurativi ma per le pensioni anticipate sono buoni
Tutto nasce dall’articolo 24 del Decreto-Legge n. 201 del 6 dicembre 2011, ovvero dal famoso Decreto “Salva Italia” del governo Monti: il decreto che ha dato i natali alla riforma Fornero. I punti chiave si trovano ai commi 10 e 11, dove si parla di contributi figurativi e di pensioni anticipate. Ossia quelle introdotte dalla Fornero in sostituzione delle pensioni di anzianità.
Secondo quanto previsto dalla legge Fornero, con l’adeguamento dei requisiti alle aspettative di vita della popolazione, oggi si può accedere alla pensione anticipata ordinaria con:
- almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- almeno 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Per le pensioni anticipate ordinarie non esistono limiti di età, a differenza della misura parallela che riguarda coloro che hanno iniziato a versare i contributi solo dopo il 31 dicembre 1995.
In questo caso si parla di pensione anticipata contributiva, che si ottiene con:
- almeno 64 anni di età;
- almeno 20 anni di contributi effettivi;
- una pensione non inferiore a tre volte l’assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio e 2,6 volte per le donne con più figli).
Contributi figurativi e pensioni anticipate: come funziona la riforma Fornero
Nel linguaggio previdenziale si afferma di solito che i contributi figurativi siano perfettamente validi sia ai fini del diritto sia ai fini della misura dei trattamenti pensionistici. Si tratta dei contributi accreditati al lavoratore durante periodi diversi dal lavoro effettivo: ad esempio, malattia, infortunio, cassa integrazione, disoccupazione, servizio militare, maternità, donazione di sangue o cariche elettive politiche o sindacali.
Tuttavia, nell’ambito delle pensioni anticipate, la riforma Fornero — secondo l’interpretazione dell’INPS — non considerava tutti i figurativi validi. Per esempio, per le pensioni anticipate contributive, i 20 anni richiesti non tengono conto dei contributi figurativi versati per infortunio, malattia o disoccupazione.
Questi contributi, invece, sono validi per le pensioni anticipate ordinarie, ma solo in parte. Infatti, per le misure che prevedono 42 anni e 10 mesi (uomini) o 41 anni e 10 mesi (donne), 35 anni devono essere al netto dei contributi figurativi da malattia, disoccupazione o infortunio. È proprio questo orientamento restrittivo dell’INPS che, negli anni, ha portato al rigetto di numerose domande di pensione.
Ed è qui che interviene la recente ordinanza della Cassazione, destinata a cambiare le carte in tavola.
Ecco cosa dice effettivamente l’ordinanza
Il comma 10 del Decreto “Salva Italia” si riferisce alle pensioni anticipate senza limiti di età. E parla genericamente di contribuzione, senza distinguere tra effettiva o figurativa.
Diversamente, il comma 11, relativo alle pensioni anticipate contributive, specifica che deve trattarsi di contribuzione effettiva. In altre parole, secondo la Cassazione, per le pensioni anticipate ordinarie (cioè di chi ha il primo accredito contributivo anteriore al 1° gennaio 1996) i contributi figurativi sono pienamente validi come gli altri.
Il vincolo dei 35 anni “puliti” senza figurativi, dunque, è stato un eccesso di zelo dell’INPS, un’interpretazione troppo restrittiva derivata dal principio — questo sì corretto — secondo cui per le pensioni anticipate contributive servono 20 anni di sola contribuzione effettiva per chi ha iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995.