Potrà sembrare una cosa strana, eppure molti dei luoghi comuni che si usano quando si parla di pensioni in Italia vengono di fatto ribaltati quando si approfondisce con attenzione una misura previdenziale. Per esempio, sulle pensioni contributive si afferma spesso che il loro calcolo penalizzi i pensionati. Questo porta a un effetto abbastanza comune: molti lavoratori, alla luce di tali considerazioni, preferiscono rimandare la pensione. Dal momento che temono penalizzazioni pesanti sull’assegno, evitano di sfruttare canali di pensionamento che, invece, potrebbero rivelarsi vantaggiosi. Ma, come abbiamo già detto più volte, si tratta spesso solo di luoghi comuni. Infatti, oggi vedremo come Opzione Donna sia diventata sempre più favorevole e come, quindi, il pensionamento attraverso questa misura non sia così penalizzante come molte lavoratrici credono, al punto da rinunciarvi.
Novità pensione opzione donna, adesso è più favorevole, ecco perché
Sono ormai molti anni che nel sistema previdenziale italiano esiste una misura dedicata alle lavoratrici, che consente loro di andare in pensione in netto anticipo rispetto ai requisiti ordinari. Si tratta della Opzione Donna, che anche nel 2025 permette a diverse lavoratrici di accedere più facilmente alla pensione.
Una cosa è certa: rispetto alla sua introduzione, la misura ha subito modifiche, diventando effettivamente più limitata. Ma questo vale per la platea dei beneficiari, non per le regole di calcolo della prestazione, che sono rimaste inalterate.
Va però sottolineato che, con il passare del tempo, le penalizzazioni di cui tanto si parla si sono attenuate. Opzione Donna, dunque, oggi è meno penalizzante rispetto al passato, ed è per questo che potrebbe essere più conveniente uscire dal lavoro con questa misura.
Ecco la nuova opzione donna
In origine, Opzione Donna consentiva il pensionamento a tutte le lavoratrici, senza distinzioni: bastava aver compiuto 58 anni di età (per le dipendenti) o 59 anni (per le autonome), insieme a 35 anni di contributi. I requisiti dovevano essere maturati entro il 31 dicembre dell’anno precedente rispetto a quello del pensionamento, con una finestra mobile di 12 mesi prima della decorrenza dell’assegno.
Da un paio d’anni, però, la misura si è ristretta a sole quattro categorie di lavoratrici:
- invalide con almeno il 74% di invalidità;
- caregiver che assistono un parente con disabilità grave convivente da almeno 6 mesi;
- licenziate;
- dipendenti di aziende che hanno avviato tavoli ministeriali di crisi d’impresa.
Opzione donna, come è cambiata la pensione negli anni
Non sono cambiati solo i destinatari della misura, ma anche alcuni requisiti. I 35 anni di contributi e la data di maturazione entro il 31 dicembre dell’anno precedente sono rimasti invariati. A essere cambiata è però l’età anagrafica.
Nel 2025 potranno accedere alla pensione con Opzione Donna:
- le licenziate e le addette di grandi aziende in crisi che compiono 59 anni entro il 31 dicembre 2024;
- le invalide e le caregivers che compiono 61 anni, ma con importanti eccezioni:
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se hanno avuto un solo figlio, possono accedere con 60 anni;
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se hanno avuto due o più figli, l’accesso è possibile già a 59 anni.
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Il calcolo, le penalizzazioni e le regole
Il calcolo dell’assegno è sempre stato contributivo.
Ciò significa che le lavoratrici interessate devono accettare un metodo di calcolo meno favorevole rispetto a quello retributivo. Ma non sempre la differenza è così netta. Molto dipende dalla storia contributiva della singola lavoratrice.
Le più penalizzate sono quelle che, al 31 dicembre 1995, avevano già maturato 18 anni di contributi o più. Queste avrebbero avuto diritto al calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011, ma devono invece accettare che l’intera pensione sia calcolata con il sistema contributivo.
La pensione ogni anno che passa è sempre più favorevole
Chi aveva meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 avrebbe comunque avuto diritto al calcolo retributivo solo per una limitata porzione dell’assegno. Per queste lavoratrici, accettare Opzione Donna è meno penalizzante, se non addirittura più vantaggioso.
Oggi, infatti, sono sempre meno le lavoratrici con carriere molto lunghe prima del 1996.
Inoltre, ci sono molte donne che, nella parte finale della carriera, hanno vissuto periodi di riduzione salariale — per esempio per il passaggio al part-time, per la disoccupazione o la cassa integrazione. In questi casi, il calcolo contributivo può addirittura risultare migliore, perché quello retributivo si basa sugli ultimi 5 anni di carriera, che potrebbero essere meno redditizi. Di conseguenza, il sistema contributivo potrebbe proteggere meglio il valore dell’assegno pensionistico.
Buongiorno io ho l’età i contributi ma non sono in quelle categorie…e pure faccio parte della polizia locale ( operatore di serie b per lo stato) è una vera ingiustizia.