Il grande progetto di riforma fiscale allo studio del governo prevede anche l’abolizione della Tobin Tax. Per questioni di equità nei confronti di altri Paesi europei, come la Germania, che non l’anno mai adottata. Ma anche per tornare ad attirare investimenti in Italia attraverso la borsa.

L’odiosa tassa sulle transazioni finanziarie introdotta nel 2012 dall’allora governo Monti potrebbe quindi essere finalmente sulla via del tramonto. Per la gioia di risparmiatori e traders che, ma anche perché in tutti questi anni non ha mani portato quegli introiti fiscali tanto preventivati a suo tempo.

Se ne era già parlato anni fa senza arrivare mai a nulla, ma forse questa è la volta buona.

Tobin Tax, verso l’abolizione

La Tobin Tax, tecnicamente detta FTT (Financial Transaction Tax), colpisce tutte le transazioni finanziarie ad eccezione di alcune tipologie di titoli e azioni a bassa capitalizzazione. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze aggiorna ogni anno l’elenco delle società quotate esenti da imposta.

Quasi tutte le società a media e grande capitalizzazione sono colpite. Gli intermediari bancari, quali sostituti d’imposta, applicano un piccolo prelievo forzoso a valere sul controvalore dell’investimento effettuato, tanto dal piccolo quanto dal grande investitore professionale. Ma mentre il primo paga regolarmente, il secondo trova quasi sempre la possibilità di evitare la tassa. Così a pagare, come sempre, sono i piccoli.

La Tobin Tax è applicata nella misura del 0,10% del saldo netto delle transazioni giornaliere. A differenza che in Francia o Spagna, però, da noi l’imposta colpisce tutte le società quotate con sede in Italia e capitalizzazione superiore a 500 milioni di euro. Pertanto sono maggiori i titoli azionari soggetti a imposta rispetto ad altri Paesi.

L’effetto evidente è che la borsa di Milano è fra le meno preferite dagli investitori retail. Per questo il governo pensa di abolirla o, al limite, riservarla solo per le società con capitalizzazione superiore al miliardo di euro.

Il fallimento della tassa in Italia

Dalla Tobin Tax ci si attendeva dieci anni fa un gettito fiscale da 1,5-2 miliardi di euro all’anno. Nel 2021 non si è arrivati manco a 600 milioni e gli anni prima non sono stati migliori. Cosa è successo?

La tassa, come noto, colpisce indistintamente la maggior parte degli investitori italiani attraverso una piccola trattenuta sull’acquisto di azioni, derivati e altri strumenti finanziari quotati alla borsa valori di Milano.

Estendendola a quasi tutti gli strumenti finanziari partecipativi, per l’investitore non c’è scampo. Le vie di fuga sono quelle di rivolgersi a piazze finanziarie diverse dall’Italia (non tutte), dove non si paga. In Francia, invece, benché si paghi tre volte di più che in Italia, la maggior parte delle società quotate è esente perché la capitalizzazione non supera il miliardo di euro.

Il governo vuole abolire la Tobin Tax

Ma il governo Meloni punta ad abolire la Tobin Tax con la legge delega per la riforma fiscale anche per evitare la continua fuga di capitali. Una cosa assurda. Il governo Monti, che la introdusse nel 2013, ha incentivato i piccoli investitori ad allontanarsi dalla borsa e a spostare i capitali altrove. In primis in Germania, alla borsa di Francoforte, dopo la tassa non fu mai introdotta.

Col risultato che Piazza Affari è diventata una borsa di periferia e molte aziende quotate hanno lasciato il palcoscenico finanziario per migrare verso altri lidi a fiscalità privilegiata. Altre hanno preferito la quotazione all’estero.

L’amara verità è poi che la speculazione non è stata tassata con l’introduzione della Tobin Tax. I traders, che la conoscono bene, aprono e chiudono le operazioni in giornata (day traders) senza pagare imposte. Mentre chi di finanza ci capisce poco, ma vuole comunque investire nel medio o lungo periodo, viene massacrato.

Salvo, appunto, preferire piazze finanziarie straniere dove l’imposta non si paga.