Tempi sempre più duri per andare in pensione. Il progressivo invecchiamento della popolazione e il decremento della natalità in Italia stanno minando seriamente la tenuta del sistema. Lo si vede dall’aumento della spesa pensionistica e dal continuo peggioramento delle previsioni dell’Inps al punto che ogni tentativo di riforma trova degli scogli insuperabili da parte della politica.

Governo e parti sociali sono alla continua ricerca di un punto di appiglio per evitare il ritorno integrale della Fornero dal prossimo anno.

Con la fine di Quota 103 il 31 dicembre, si rende, infatti, necessario dare ai lavoratori una via d’uscita anticipata per non trattenerli al lavoro fino a 67 anni di età (e oltre). Anche se questa soglia potrebbe presto essere superata.

In pensione a 67 anni, ma solo fino al 2026

Come noto, infatti, la livella anagrafica per ottenere la pensione di vecchiaia non è fissa, ma agganciata alla speranza di vita degli italiani. Questo vale anche per le pensioni anticipate con 41-42 anni e 10 mesi di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica. E per altre prestazioni, come per Quota 41 (lavoratori precoci).

Tuttavia, come certificato dall’Istat, la pandemia ha ridotto la speranze di vita degli italiani di 1,2 anni. Per una vita media che oggi si attesta intorno agli 82 anni (79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne). ma sta tornando a salire. Il governo Draghi ha quindi congelato l’indicizzazione dell’età anagrafica per le pensioni fino al 2026. Ma dal 2027 le lancette torneranno a girare con previsione di un innalzamento di 2-3 mesi ogni due anni.

Gli adeguamenti alla speranza di vita

Gli adeguamenti, come previsto dalla riforma Fornero, interessano in linea generale tutte le prestazioni erogate dalla previdenza pubblica obbligatoria. Il primo adeguamento – lo ricordiamo – si è verificato nel 2013 ed è stato pari a 3 mesi.

Mentre il secondo adeguamento è avvenuto nel 2016 ed è stato pari a 4 mesi.

Il terzo è scattato nel 2019 in misura pari a 5 mesi. Il quarto adeguamento, per il biennio 2021-2022 è stato nullo a causa del rallentamento della speranza di vita per via del Covid-19, così come il quinto e sesto previsto per il biennio 2023-2024 e per il biennio 2025-2026.

Si è passati così da 66 anni a 67 anni di età nel giro di un decennio. E se non fosse stato per la pandemia oggi saremmo oggi a 67 anni e 6 mesi. Ma in prospettiva l’obiettivo della legge è quello di arrivare a 70 anni nel 2054 per le pensioni di vecchiaia.

Cosa fare se a 67 anni non arriva la pensione?

Per molti lavoratori, quindi, il traguardo della pensione di vecchiaia si allontana col tempo. Vero che si vivrà più a lungo, ma si dovrà lavorare anche di più. Quale soluzione allora? Posto che le pensioni anticipate saranno sempre più appannaggio di lavoratori in condizioni di disagio, per chi è in grado di lavorare l’obiettivo della pensione diventa un miraggio.

Il governo sta lavorando alacremente coi sindacati pe trovare una soluzione. Quota 41 (in pensione con 41 anni di contributi) potrebbe rappresentare un primo obiettivo, ma costa troppo. Motivo per il quale tale riforma potrebbe vedere la luce solo con il ricalcolo contributivo della prestazione. Quindi più penalizzante a tutti gli effetti per il lavoratore.

Un’altra soluzione, sempre allo studio del governo e come suggerito dall’Inps, sarebbe quella di concedere la pensione in due tranches. Una prima parte della rendita calcolata con il sistema contributivo al compimento di 63-64 anni per gli anni maturati in tale misura e una seconda parte, quella restante, con il sistema retributivo al raggiungimento dell’età per la vecchiaia.

Riassumendo…

  • Fra qualche anno l’età per la pensione di vecchiaia tornerà a salire per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita.
  • Fino al 2026 si andrà in pensione a 67 anni o con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.
  • L’alternativa risiede nella speranza di riforma con Quota 41 o nella pensione a tranches proposta dall’Inps.