La riforma pensioni 2024 si avvicina e si torna a parlare di Quota 41. A settembre governo e sindacati torneranno a riunirsi per discutere delle strade per evitare il ritorno integrale della Fornero dopo la fine di Quota 103. Come noto la via è molto stretta a causa del continuo aumento della spesa previdenziale e della necessità rivalutare ancora in maniera pesante le pensioni l’anno prossimo a causa dell’inflazione.

Il Ministero del Lavoro, tuttavia, non ha levato gli scudi sulla proposta della Lega e accolta dai sindacanti di Quota 41.

Cioè la pensione per tutti con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Lo scoglio sono le risorse economiche che, però, potrebbero essere superate con un taglio agli assegni con il ricalcolo contributivo della pensione.

Quota 41 con ricalcolo contributivo

Secondo alcune indiscrezioni riportate anche da quotidiani nazionali, Quota 41 potrebbe vedere la luce il prossimo anno per tutti a prescindere dall’età anagrafica raggiunta. Sostanzialmente si tratterebbe di abbassare di 1-2 anni e 10 mesi il requisito finora previsto per la pensione anticipata. Un ritocco che, come detto, avrà sicuramente dei costi da sostenere. Si parla di 8-9 miliardi, ma che potrebbero essere contenuti ponendo il vincolo del ricalcolo contributivo. Un po’ come avviene per Opzione Donna.

Del resto anche Quota 103, che prevede comunque la pensione con 41 anni di contributi, è nata con dei vincoli stringenti e un tetto all’importo della pensione. Viene pagato al massimo un assegno pari a 5 volte il trattamento minimo fino a 67 anni di età.

Sicché, l’ipotesi allo studio per il 2024 sarebbe quella di concedere liberamente la pensione con 41 anni di contributi a patto che si scelga il regime di calcolo contributivo dell’assegno. Quindi occorre sottoscrivere la migrazione dei contributi versati prima del 1996 al nuovo sistema di calcolo che naturalmente risulterà più penalizzante.

In pensione con Quota 41 ma con meno soldi

Solo in questo modo – dicono gli esperti – si riuscirebbe a garantire una fuoriuscita dei lavoratori con 41 anni con contributi a qualsiasi età senza dover sostenere eccessive spese a bilancio.

Ricordiamo, infatti, che la spesa pensionistica con le attuali regole è prevista nell’ordine del 16,2% del Pil per quest’anno con tendenza a salire progressivamente nei prossimi anni.

Nel dettaglio, il ricalcolo contributivo della pensione per chi avrà l’anno prossimo 41 anni di lavoro alle spalle avrà una ricaduta minimale sull’importo della pensione, benché penalizzante. Sarebbero infatti solo 12 gli anni di contribuzione su 41 da migrare, circa il 30%. Percentuale che tenderà a diminuire col passare degli anni fino ad azzerarsi nel 2036.

In quell’anno, infatti, il sistema di calcolo contributivo sarà entrato a pieno regime per tutti. Per cui la manovra del governo Meloni non farà altro che anticipare i tempi di entrata a regime con la Quota 41 contributiva per tutti. Solo in questo modo sarà possibile sostenere la spesa pensionistica prevista dalla riforma.

La pensione anticipata a 41-42 anni e 10 mesi

Diversamente Quota 41, oltre che onerosa, rischia di diventare un doppione della pensione anticipata. Il nostro ordinamento prevede infatti l’uscita dal lavoro 1-2 anni e 10 mesi più tardi. Quindi, a poco servirebbe anticipare l’uscita di 10-22 mesi se non ad aggravare i conti dell’Inps.

Così l’unica strada che – secondo indiscrezioni – pare percorribile sarebbe quella di concedere la pensione a tutti con 41 anni di contributi, ma col ricalcolo contributivo. A scelta del lavoratore naturalmente, ma con la possibilità di restare al lavoro qualche mese in più per non perdere il diritto all’assegno pieno.

Riassumendo…

  • Quota 41 potrebbe vedere la luce ma solo con il ricalcolo contributivo.
  • La pensione anticipata con 41 anni di contributi a prescindere dall’età seguirebbe le stesse regole di calcolo di Opzione Donna.
  • La penalizzazione dell’assegno sarebbe contenuta.
  • Resterebbe l’opzione di trattenersi al lavoro 10-22 mesi in più per non perdere nulla.