Si torna a parlare di riforma pensioni e, in particolare, di Quota 41 tanto voluta dalla Lega. Per quest’anno, come noto, la si è condizionata al requisito anagrafico di 62 anni, ma dal 2024 questo vincolo dovrebbe decadere.

Il prossimo 19 gennaio si terrà un primo incontro coi sindacati che dovrebbe delineare le basi della riforma pensioni. Sarà solo un primo passo verso quel cambiamento strutturale atteso da anni e che non riguarderà solo Quota 41. Cioè la pensione dopo 41 anni di lavoro indipendentemente dall’età.

Quota 41 e non solo nella riforma

Secondo le prime indiscrezioni, Quota 41 dovrebbe vedere la luce il prossimo anno per tutti a prescindere dall’età anagrafica raggiunta. Si tratterebbe di abbassare di 1-2 anni e 10 mesi il requisito finora previsto per la pensione anticipata prevista con le regole Fornero. Un ritocco che avrà sicuramente dei costi da sostenere.

Del resto anche Quota 103, che prevede comunque la pensione con 41 anni di contributi è nata col freno a mano tirato. Servono per quest’anno anche 62 anni di età e il pagamento della pensione è limitata a 2.625 euro al mese fino al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia a 67 anni.

Sicché, l’ipotesi allo studio per il 2024 sarebbe quella di concedere liberamente la pensione con 41 anni di contributi a patto che si scelga il regime di calcolo contributivo dell’assegno. Un po’ come avviene per Opzione Donna dove le lavoratrici sottoscrivono la migrazione dei contributi versati prima del 1996.

In pensione prima ma con meno soldi

Solo in questo modo – dicono gli esperti – si riuscirebbe a garantire una fuoriuscita dei lavoratori con 41 anni con contributi a qualsiasi età senza dover sostenere eccessive spese a bilancio. Ricordiamo, infatti, che la spesa pensionistica con le attuali regole è prevista nell’ordine del 16,2% del Pil per quest’anno con tendenza a restare tale fino al 2045.

Nel dettaglio, il ricalcolo contributivo della pensione per chi avrà l’anno prossimi 41 anni di lavoro alle spalle senza interruzione avrà ricaduta minimale sull’importo della pensione, benché penalizzante.

Sarebbero infatti solo 12 gli anni di contribuzione su 41 da migrare, circa il 30%. Percentuale che tenderà a diminuire col passare degli anni fino ad azzerarsi nel 2036.

In quell’anno, infatti, il sistema di calcolo contributivo sarà entrato a pieno regime per tutti. Per cui la Manovra del governo Meloni non farà altro che anticipare i tempi con Quota 41 contributiva per tutti. Solo in questo modo sarà possibile sostenere la spesa pensionistica prevista dalla riforma.