A fine anno scade Quota 103 e, in assenza di novità per le pensioni, si tornerà integralmente alle regole Fornero. L’ultimo incontro fra governo e sindacati non ha sortito nulla di nuovo lasciando ancora nell’incertezza migliaia di lavoratori che non sanno ancora con quali regole potranno uscire dal lavoro nel 2024.

D’altra parte la strada verso il ritorno alle stringenti regole Fornero era già stata tracciata dal governo Draghi con l’introduzione di Quota 102 dopo la fine dell’esperimento di Quota 100 nel 2021.

Un intermezzo della durata di 12 mesi attuato giusto per evitare il temuto scalone con il pensionamento a 67 anni di età.

Riforma pensioni al palo, se ne riparla a settembre

Il prossimo incontro coi sindacati è in programma a settembre. Al rientro della pausa estiva, governo e parti sociali orneranno a confrontarsi sulla prossima riforma pensioni. Ma questa volta non si potrà più tergiversare anche perché il tempo per approntare la prossima legge di bilancio si riduce.

D’altro canto, il governo avrà anche più contezza delle disponibilità finanziaria da mettere sul tavolo per affrontare il tema. Sia tenendo conto dei risparmi di spesa derivanti dal calo delle domande di pensione avvenuto quest’anno, sia in prospettiva dei dati sull’inflazione sui quali bisognerà calcolare le nuove rivalutazioni delle pensioni in pagamento.

A settembre arriveranno anche le prime anticipazioni statistiche fornite dall’Osservatorio sulle pensioni voluto e creato la scorsa primavera dal ministro del Lavoro Elvira Calderone. Un nucleo di valutazione composto da 15 membri, esperti di previdenza, che ha lo scopo di valutare e tenere costantemente informato l’esecutivo sulla valutazione dell’impatto della spesa previdenziale.

Il nodo della perequazione automatica 2024

Detto questo, il rischio che a settembre il confronto coi sindacati faccia nuovamente flop è alto. Non tanto per le distanze e i punti di vista che separano l’esecutivo dalle richieste delle parti sociali, quanto per via dei soldi (che mancano) per fare le riforme.

O meglio di quelli che ci sono, ma saranno assorbiti dalla perequazione automatica 2024.

Ricordiamo che già a gennaio lo Stato dovrà corrispondere l’aumento definitivo delle pensioni 2023 pari al 8,10%, cosi come certificato dal Ministero dell’Economi. Finora è stato riconosciuto un aumento del 7,3% sugli assegni e la differenza (0,8%) arriverà nel 2024. In aggiunta ci sarà una perequazione automatica di circa il 5,5-6% in base a quelle che saranno le risultanze dell’inflazione che saranno comunicate a novembre.

Si parla in tutti di altri 14-15 miliardi da mettere sul piatto per adeguare gli importi di oltre 16 milioni di pensioni. Più tutte le altre prestazioni non pensionistiche che necessitano anch’esse di essere parametrate al costo della vita. Insomma, una bella spesa da affrontare.

In pensione con Quota 41, sogno o realtà?

Sullo sfondo aleggia sempre l’idea, proposta dalla Lega e caldeggiata anche dai sindacati, di introdurre Quota 41 per tutti. Cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica. Come avviene, per i lavoratori precoci. Progetto che costerebbe svariati miliardi di euro e non è certo sostenibili in questo momento.

A meno che, come lasciano trapelare fonti ministeriali, non si proponga Quota 41 con il ricalcolo contributivo della pensione. Un po’ come avviene con opzione Donna. In questo modo la riforma sarebbe sostenibile, benché penalizzante per i lavoratori che dovrebbero accettare un taglio dell’assegno dell’ordine del 10% nel 2024.

Riassumendo…

  • A fine anno scade Quota 103 e, in assenza di riforma, si torna integralmente alle regole Fornero.
  • Il recente incontro coi sindacati per trovare una soluzione ha fatto flop. Se ne riparla a settembre.
  • La spesa per rivalutare le pensioni nel 2024 impedisce una riforma efficiente e strutturale.
  • Previsti 14-15 miliardi di euro di spesa per la perequazione automatica 2024.
  • Quota 41 potrebbe vedere la luce, ma solo con ricalcolo contributivo.