A guardare quello che sta succedendo in Francia sulle pensioni sembra che sia in atto una rivoluzione sociale. Ma non è così. Il presidente Emmanuel Macron ha deciso di blindare la riforma che innalza gradualmente l’età di uscita dal lavoro a 64 anni.

Come noto, in Francia si va in pensione generalmente a 62 anni e un ritocco dell’età era atteso da tempo. Già in passato Macron aveva tentato (invano) di alzare l’età pensionabile rinviando ogni decisione a tempi migliori.

La riforma pensioni in Francia

Oggi questa decisione non è più rinviabile e Parigi si barricata contro il provvedimento giudicato impopolare e ingiusto dai francesi. Di fatto, però, di fronte all’innalzamento dell’aspettativa di vita, l’età pensionabile a 62 anni è diventata anacronistica e, di fatto, troppo costosa per lo Stato.

Si andrà quindi in pensione a 64 anni e non più a 62 dal 2030. Cioè fra 7 anni. Nel frattempo l’età salirà gradualmente di 3 mesi ogni anno. Non sembra un provvedimento lacrime e sangue come quello adottato in Italia nel 2012 dall’allora governo Monti. Eppure i francesi stanno paralizzando la capitale con scioperi e manifestazioni. Quindi cos’è che manda su tutte le furie i francesi?

Nel dettaglio la riforma pensioni renderà il sistema di accesso alla pensione più rigido e meno generoso di quello italiano. I lavoratori francesi potranno andare due anni più tardi, ma con una forte penalizzazione economica. Solo arrivando a 65 anni di età con 40 anni di contributi sarà possibile ottenere la contribuzione piena. Quindi c’è un taglio economico. A irrigidire i vincoli nell’accesso alla pensione francese c’è anche l’innalzamento dell’importo minimo della pensione: 1.200 euro.

In sostanza, la riforma pensioni punta a incentivare economicamente chi decide di restare al lavoro oltre i 64 anni. Un meccanismo che tende a favorire i colletti bianchi, i top manager e chi svolge mestieri poco faticosi, non alienanti e usuranti, che possono permettersi di proseguire ben oltre l’età pensionabile.

Le ragioni del cambiamento

Ma perché la riforma non è più rinviabile? Ebbene quello che bisogna tenere presente è che la Francia, come l’Italia, è alle prese con un debito pubblico in costante crescita e le pensioni pesano enormemente sul bilancio statale. Per cui si tratta di una questione di soldi.

La pressione fiscale è già a livelli massimi e per garantire le pensioni a 62 anni (che da noi sono solo di natura anticipata e non per tutti) lo Stato dovrebbe innalzare ulteriormente le tasse ai cittadini. Ne andrebbe della fiducia dei mercati e della stabilità del debito pubblico in un momento in cui anche la Francia sta facendo i conti del periodo post-pandemia.

Rinviare ulteriormente nel tempo la riforma servirebbe solo a peggiorare gli equilibri finanziari di un Paese che, in questo momento, al pari dell’Italia, è messo in ginocchio dai rincari dovuti all’esplosione dell’inflazione. La spesa per le pensioni in rapporto al Pil è pari al 14,8 per cento in Francia. Mentre il tasso di sostituzione, cioè l’importo della pensione in rapporto all’ultimo stipendio percepito, è del 60%.