Le pensioni future dei giovani come saranno? Difficile fare delle previsioni, soprattutto se come base di partenza si utilizza l’attuale sistema di calcolo delle pensioni (retributivo e misto), tenuto conto dell’inflazione, dei coefficienti di trasformazione, dell’età anagrafica di uscita, delle aspettative di vita, ecc.

Insomma, azzardarsi a fare delle previsioni è un rebus anche per i maggiori esperti di previdenza. E chi ci prova lo fa non a ragion veduta. Quello che si può dire è solo che stiamo assistendo a una fase di transito epocale fra un sistema di calcolo distorto (retributivo) e uno più giusto (contributivo) che non peserà sui conti pubblici.

Certo, le pensioni saranno più basse rispetto al passato. Ma forse era sbagliato prima, quando erano più alte.

Pensioni e giovani lavoratori, quale futuro?

L’ultimo incontro fra governo e parti sociali in tema di riforma sulle pensioni, avvenuto lo scorso 18 settembre, non ha sortito nulla di nuovo. O meglio, vi è la certezza che non ci saranno riforme strutturali alle pensioni. Forse qualche ritocco alle misure esistenti, ma niente di più, perché non ci sono soldi. Un terzo della manovra finanziaria sarà assorbito dalle rivalutazioni delle pensioni in pagamento nel 2024.

Il governo, però, non sta tralasciando il futuro dei giovani lavoratori. O meglio, si sta cercando di trovare delle soluzioni per favorire l’occupazione degli under 35 e l’inserimento stabile nelle aziende. Allo scopo è allo studio un incentivo contributivo per favorire la staffetta generazionale attraverso il part time di cui si è parlato molto nei giorni scorsi.

Per quanto concerne le pensioni per coloro che già stanno lavorando e ricadono nel sistema di calcolo contributivo, vi è invece la necessità di intervenire per colmare quei vuoti assicurativi che impediscono di raggiungere i requisiti minimi necessari per ottenere la rendita. Cioè 20 anni di contributi a 67 anni di età.

Riscatto agevolato dei contributi

Una forma di aiuto potrebbe arrivare dal riscatto contributi dei periodi non lavorati, come il part time, la disoccupazione o altre forme di interruzione involontaria del lavoro. Lo Stato, in questo senso, potrebbe stanziare dei fondi per agevolare la copertura previdenziale pagando in parte i contributi mancanti.

Si stanno, però, studiando anche altre forme di aiuto. Come la soppressione del requisito minimo di pensione di vecchiaia pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Come noto, per i contributivi puri, non basta raggiungere i 67 anni di età e avere alle spalle 20 anni di contributi. Occorre anche maturare una pensione minima di circa 755 euro al mese (valori aggiornati al 2023) onde evitare che la pensione slitti a 71 anni.

La pensione integrativa

Altro aspetto su cui si vuole puntare è la pensione integrativa per la quale i giovani hanno espresso finora una certa disaffezione. I sindacati sono quelli che premono più di tutti in questo senso (anche perché ricoprono ruoli importanti nei Cda dei fondi pensione) e chiedono al governo di rafforzare l’istituto del silenzio assenso.

Ma anche una maggiore detassazione delle quote di Tfr che verrebbero destinate alle pensioni integrative, la cui soglia oggi si ferma a 5.164 euro all’anno. Non solo, anche un minore prelievo fiscale sulla rendita maturata nelle varie gestioni dei fondi, oltre a una campagna informativa più incisiva per convincere i giovani ad aderire alla previdenza complementare.

Riassumendo…

  • Nessuno spiraglio di riforma pensione dal recente incontro fra governo e sindacati.
  • All’attenzione solo la questione giovani per la quale il governo punta a incentivare le assunzioni stabili.
  • Dalla staffetta generazionale per under 35 ai riscatti agevolati dei periodi non assicurati.
  • I sindacati premono per maggiori agevolazioni fiscali sulle pensioni integrative.