Non proprio un fulmine a ciel sereno, perché la stampa l’aveva riportato qualche giorno prima. Ha fatto lo stesso impressione il comunicato di ieri sera con cui Mediolanum, primo socio del patto di consultazione, ha annunciato l’azzeramento della quota del 3,5% in Mediobanca. La procedura utilizzata è stata quella della vendita accelerata attraverso Morgan Stanley e rivolta agli investitori istituzionali. Una mossa che ha riguardato 29.095.110 azioni, cedute al prezzo di 18,85 euro ciascuna e per un incasso lordo complessivo di 548,4 milioni. Considerato che il titolo aveva chiuso ieri a 19,74 euro, la vendita è avvenuta a sconto del 4,5%.
Patto di Mediobanca perde pezzi
La cessione di Mediolanum consente a Massimo Doris di realizzare una grossa plusvalenza, visto che da inizio anno il titolo Mediobanca in borsa guadagna il 40%.
Stiamo parlando di un socio storico. L’ingresso nel capitale avvenne nel 2000, un quarto di secolo fa. Il legame tra le due banche si era stretto già nel 1996 quando Mediobanca curò la quotazione in borsa di Mediolanum. Questi divenne il principale socio del patto di Mediobanca, che fino a ieri esprimeva l’11,6% del capitale e il CEO Alberto Nagel.
E proprio Nagel sente sgretolarsi il terreno sotto i piedi. A dare l’addio a Mediobanca sono stati di recente anche altri soci del patto: Vittoria Assicurazioni ha azzerato la sua quota dello 0,27% pochi giorni fa, mentre la famiglia Gavio l’ha limata dallo 0,82% allo 0,62%. Resta da vedere cosa farà Doris con la sua partecipazione diretta dello 0,96%. Sempre ieri, Nagel aveva in un certo senso cercato di reagire alla perdita con la sostituzione di Sandro Panizza alla guida del comitato parti correlate con Vittorio Pignatti Morano.
Il primo era espressione delle minoranze ed indicato da Delfin (famiglia Del Vecchio), mentre il successore arriva dalla lista del CDA.
Mediolanum controllato da Doris e fratelli Berlusconi
Eppure, sul finire della settimana scorsa Nagel aveva cercato di frenare la fuga dei soci stabili con la prospettiva di maxi-dividendi. In tre anni saranno distribuiti 4,9 miliardi di euro, di cui 4,5 miliardi di utili e 400 milioni sotto forma di buyback. Cosa ha spinto Mediolanum a dare l’addio al patto di Mediobanca? La volontà di monetizzare i guadagni sarà stata senz’altro forte, ma probabilmente non il motivo principale della decisione. Ricordiamo che la banca fondata da Ennio Doris è per il 30,1% in mano a Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi.
E qui si apre un capitolo politico-finanziario. Il patto di Mediobanca sta reagendo con tutte le sue forze al tentativo di scalata di Monte Paschi con l’Offerta Pubblica di Scambio che prenderebbe il via dai prossimi giorni. Essa è stata voluta dal Tesoro, che controlla ancora Siena con l’11,73%, nonché i nuovi grandi soci Francesco Gaetano Caltagirone (9,96%), Delfin (9,87%) e Banco BPM-Anima (9,99%). I primi due sono anche i principali soci di minoranza in Piazzetta Cuccia con il 9,98% e il 19,81% rispettivamente.
Ingerenza politica o risiko salutare?
L’uscita dal patto e dal capitale di Mediobanca consentirà a Mediolanum di evitare di scegliere tra l’OPS filo-governativa e quella di Nagel avente ad oggetto Banca Generali.
Schierarsi contro la prima avrebbe assunto un significato politico spiacevole per i Berlusconi, che sono anche i principali azionisti dietro le quinte dell’esecutivo con Forza Italia. E’ una logica simile a quella seguita da altri soci, imbarazzati dalla necessità di votare a favore o contro un’operazione capeggiata apertamente dal Tesoro.
Ci sono diversi modi di vedere questa operazione di Monte Paschi. Uno consiste nel fiutarne l’ingerenza politica e condannarne gli esiti quale il tentativo di una parte politica di occupare settori della finanza tricolore. In alternativa c’è chi vede in questo risiko una salutare ricomposizione dell’establishment bancario-industriale dopo decenni di immobilismo. C’è anche chi interpreta l’operazione come un assalto del potere romano alla finanza milanese. Obiettivo finale: il controllo di Generali, di cui Mediobanca detiene il 13,10%. Sì, proprio la compagnia assicurativa la cui sede a CityLife ieri ha visto collassare l’insegna.
Patto di Mediobanca più debole favorisce Monte Paschi
Se il patto di Mediobanca perde pezzi e s’indebolisce, a sorridere sono Caltagirone e Delfin. I due principali avversari di Nagel possono sperare di conquistare anche la maggioranza assoluta del capitale tramite l’OPS. Resta il fattore economico, con il mercato a valutare l’offerta a sconto di almeno l’8% rispetto ai prezzi di borsa. Una differenza salita a 1,4 miliardi, che teoricamente limiterebbe le adesioni. Il caso Mediolanum, tuttavia, ci suggerisce che le cose siano più fluide. Doris ha venduto a sconto del 4,5%, incassando comunque una plusvalenza corposa. Così potrebbero fare altri soci storici con il titolo in carico a prezzi bassi. E’ a loro che guarda Nagel con la speranza che si lascino ingolosire dai maxi-dividendi futuri.