Prendere 300 euro al mese o poco più di pensione è qualcosa di estremamente frustrante. Chi non è addentrato nelle questioni previdenziali può pensare sia praticamente impossibile che esistano persone – soprattutto invalidi – con pensioni così misere Ma invece, a ben vedere, è esattamente così. Ricevere pensioni basse è una condizione con cui devono fare i conti milioni di pensionati. In particolare chi percepisce pensioni di invalidità.
Vivere con meno di 600 euro al mese significa, di fatto, non poter condurre una vita dignitosa. E per gli invalidi la situazione è ancora più grave. Va ricordato che, a causa della riforma delle pensioni del 1996, conosciuta come riforma Dini, alcuni pensionati e invalidi sono stati pesantemente penalizzati.
Ma oggi arriva una svolta importante: la decisione della Corte Costituzionale apre le porte a un netto miglioramento degli importi delle pensioni, anche per chi rientrava tra i soggetti penalizzati dalla riforma.
La pensione per gli invalidi aumenta, dunque. Vediamo perché e come.
Invalidi in pensione, 603,40 euro a tutti: nuova sentenza aumenta le pensioni
Una delle principali novità introdotte dalla riforma contributiva del 1996 è stata la netta distinzione tra chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 e chi ha iniziato dopo. Una distinzione che non riguarda solo le pensioni degli invalidi, ma tutte le pensioni.
Non si parla solo di diverse modalità di calcolo delle pensioni, che effettivamente penalizzano chi ha cominciato a versare contributi dopo il 1995. Chi si trova in questa situazione può avere infatti una pensione calcolata esclusivamente con il sistema contributivo, notoriamente più penalizzante, poiché tiene conto solo dell’ammontare dei contributi versati e non delle ultime retribuzioni percepite.
Basti pensare che chi, al 31 dicembre 1995, aveva già maturato almeno 18 anni di contributi, può ottenere il calcolo della pensione con il sistema retributivo fino al 31 dicembre 2011.
Non solo le pensioni calcolate con il sistema contributivo sono quasi sempre inferiori rispetto a quelle retributive o miste, ma anche altri aspetti risultano penalizzanti per chi percepisce pensioni interamente contributive. Ed è proprio su questo punto che la Corte Costituzionale ha deciso di intervenire.
Infatti, le pensioni contributive non prevedono alcune somme aggiuntive che invece spettano, a determinate condizioni, ai titolari di pensioni miste o retributive. Parliamo delle maggiorazioni sociali e dell’integrazione al trattamento minimo.
Ecco perché adesso tutti i pensionati invalidi possono prendere una pensione da 603,40 euro
Una pensione calcolata con il metodo contributivo, perché riguarda chi non ha contributi accreditati a qualsiasi titolo prima del 1996, corrisponde esattamente a quanto maturato tramite i propri versamenti. Nel sistema misto, invece, le cose funzionano diversamente.
Una parte della pensione viene calcolata con il metodo contributivo e un’altra con il metodo retributivo. Ma se l’importo risultante è inferiore al limite prestabilito, interviene l’INPS con maggiorazioni e integrazioni, che però, fino ad oggi, erano escluse per le pensioni interamente contributive. Queste regole riguardano anche le pensioni di invalidità.
Ora, però, con la sentenza della Corte Costituzionale, la n. 94 dell’11 giugno 2025, le cose cambiano radicalmente.
E’ infatti stabilito che, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale, è dichiarata illegittima a livello costituzionale la norma che esclude le pensioni contributive degli invalidi dall’integrazione al trattamento minimo.
A essere dichiarata illegittima è una parte della Legge n. 335, ovvero la riforma Dini del sistema pensionistico obbligatorio e complementare. In particolare, si fa riferimento all’articolo 1, comma 16, della legge dell’8 agosto 1995.
Integrazione al trattamento minimo INPS: ecco cosa ha deciso la Corte Costituzionale
Le disposizioni che escludevano l’integrazione al trattamento minimo per l’assegno ordinario di invalidità, quando calcolato interamente con il sistema contributivo, vengono quindi cancellate.
Di conseguenza, dall’entrata in vigore della sentenza, l’integrazione al trattamento minimo deve essere sempre concessa anche agli invalidi con pensioni contributive pure.
Scompare, così, una delle discriminazioni più gravi che colpiva i contributivi puri invalidi. Che si vedevano riconoscere trattamenti economici inferiori rispetto ai colleghi con pensioni retributive o miste.
D’ora in poi, non solo chi ha versato contributi, a qualsiasi titolo, prima del 31 dicembre 1995 ha diritto a un assegno mensile di circa 603 euro, grazie a queste integrazioni. Ma lo stesso diritto si estende anche a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995.
La Consulta, dunque, ha accolto il ricorso proveniente dalla Corte di Cassazione, garantendo finalmente un trattamento economico paritario per oltre un milione di pensionati titolari di pensioni di invalidità.
Nel dettaglio, per il 2025, il trattamento minimo corrisponde a 603,40 euro al mese.
Attenzione, però: la sentenza non ha effetto retroattivo. La nuova regola si applica solo alle pensioni di invalidità future. Per le pensioni già percepite e per i trattamenti che, alla luce della novità, risultano inferiori a quanto previsto oggi, non sono previsti arretrati.